Ippocampo accresciuto e memoria migliorata per effetto di esercizio fisico

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno IX - 26 febbraio 2011.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione “note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo staff dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica, e notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società Nazionale di Neuroscienze.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Nella tarda età adulta, l’ippocampo va incontro ad una fisiologica riduzione di volume che si accompagna a ridotte prestazioni di memoria. Questo processo va distinto dal danno cronico da stress che è stato rilevato in persone affette dai cosiddetti “disturbi dello spettro dell’ansia”, come il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) o forme depressive croniche con alto grado di reazione ansiosa, e non va confuso con i segni di atrofia che caratterizzano le prime fasi di varie forme di demenza.

La riduzione dei diametri ippocampali dell’età matura, misurata mediante scansioni tomografiche ottenute con specifiche tecniche di acquisizione delle immagini mediante risonanza magnetica nucleare (MRI, da magnetic resonance imaging), non si è rivelata omogenea per età e sembra essere soggetta a notevoli variazioni individuali. D’altra parte, le variazioni fisiologiche delle dimensioni di questa regione cerebrale, sembrano connesse anche con parametri morfologici dello sviluppo somatico: ad esempio, il volume del lobo temporale mediale e dell’ippocampo è maggiore nelle persone di alta statura. Per questo motivo, la definizione di correlati anatomici con un preciso significato funzionale non è semplice, tuttavia l’affinarsi delle metodiche di studio e dell’elaborazione dei dati di misura, consente oggi di disporre di riferimenti abbastanza affidabili.

E’ noto che l’attività fisica è in grado di migliorare la perfusione ematica dell’ippocampo, ma non si dispone di precisi dati morfo-funzionali sul cervello nell’età adulta, ossia quando questa formazione va incontro a progressiva riduzione atrofica. Nei roditori è stato accertato che l’attività motoria è in grado di determinare l’aumento della neurogenesi nel giro dentato dell’ippocampo, con conseguente miglioramento delle prestazioni mnemoniche[1].

Kirk Erickson e colleghi del Department of Psychology, University of Pittsburg, hanno studiato nell’uomo gli effetti dell’esercizio motorio sulle dimensioni dell’ippocampo e sulle prestazioni a test di memoria (Erickson K. I., et al. Exercise training increases size of hippocampus and improve memory. Proceedings of the National Academy of Science USA 108 (7), 3017-3022, 2011).

Il lavoro sperimentale è stato effettuato con il contributo di diciotto ricercatori ed è stato presentato alla comunità scientifica da Fred Gage del Salk Institute di San Diego (California).

È stato condotto uno studio randomizzato e controllato su 120 volontari adulti in età avanzata, nei quali sono stati valutati gli effetti di un allenamento motorio condotto con sistematicità e basato su esercizi aerobici. La misurazione dei parametri morfologici cerebrali e la verifica delle prestazioni mnemoniche mediante test, hanno dato un esito chiaro e rilevante: l’ippocampo anteriore era accresciuto di dimensioni nelle persone allenate che, parallelamente, facevano rilevare risultati nettamente migliori nelle prove di memoria spaziale.

In particolare, il training motorio si è rivelato in grado di accrescere il volume ippocampale del 2%, restituendo alla struttura le dimensioni precedenti alla riduzione connessa con i processi di invecchiamento, entro 1 o 2 anni.

Un altro dato di rilievo nelle differenze fra il gruppo di controllo e i volontari allenati, riguarda un fattore neurotrofico che, sia pure implicato in vari processi non omogenei fra loro in chiave fisiologica, ha una notevole importanza nella produzione di nuovi neuroni: il BDNF (brain derived neurotrophic factor)[2].

L’aumento di volume ippocampale, infatti, si accompagnava a più alti livelli sierici di BDNF, importante mediatore della neurogenesi adulta nel giro dentato.

E’ interessante notare che, nel periodo dell’esperimento, il volume dell’ippocampo del gruppo di controllo continuava a decrescere, seguendo la curva discendente della senescenza. Si è tuttavia rilevato che, coloro che presentavano prima dello studio i parametri di una buona forma fisica, facevano registrare una lieve attenuazione del declino. Sembra, dunque, che la forma fisica corrisponda ad uno stato fisiologico complessivo dell’organismo che, nell’insieme, potrebbe esercitare un parziale effetto di protezione contro la perdita di volume di questa formazione cerebrale, cruciale per l’apprendimento e per vari altri processi necessari alla memoria esplicita.

Dato da non trascurare, anche perché propone una comparazione intracerebrale che consente di riflettere sui possibili processi alla base degli effetti sull’ippocampo, è che non era interessato il volume del nucleo caudato, formazione grigia della base dell’encefalo importante per il movimento e per la cognizione, e del talamo, il complesso nucleare cruciale nella mediazione dell’afferenza sensoriale alla neocorteccia.

In conclusione, gli esiti di questo studio propongono dati rilevanti in chiave teorica, sia per la neurobiologia sia per la fisiologia e la fisiopatologia dell’invecchiamento cerebrale, indicando che l’esercizio aerobico in forma di allenamento è efficace nell’invertire il processo di perdita di volume dell’ippocampo dell’età adulta avanzata, influenzando positivamente parametri cognitivi correlati con le funzioni mnemoniche. L’effetto del regime di esercizio motorio sembra essere selettivo, in quanto non ha riguardato talamo e caudato. Studi ulteriori verificheranno e, certamente, svilupperanno questi interessanti risultati.

 

L’autrice della nota ringrazia Giuseppe Perrella, Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, con il quale ha discusso l’argomento trattato e la dottoressa Floriani per la correzione della bozza, e invita alla lettura delle recensioni di lavori originali di argomento connesso che compaiono nella sezione “Note e Notizie”.

 

Nicole Cardon  

BM&L-26 febbraio 2011

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Si vedano in proposito le note con le sintesi dei lavori originali: Note e Notizie 08-09-07 L’esercizio fisico genera neuroni nell’ippocampo; Note e Notizie 22-09-07 Esercizio fisico per la memoria spaziale. Nella sezione “Note e Notizie” si possono consultare le altre numerose recensioni di argomento connesso.

[2] Il BDNF (brain derived neurotrophic factor) fu identificato sulla base della sua proprietà di stimolare la crescita dei prolungamenti dei neuroni sensoriali; isolato dal cervello, si scoprì presto la sua notevole omologia strutturale con l’NGF scoperto da Rita Levi-Montalcini, accanto al suo diverso spettro di bersagli fisiologici. Poiché gli stessi neuroni sensoriali sono in grado di sintetizzarlo e rilasciarlo, in questo caso è stato prospettato un doppio ruolo: autocrino e paracrino (per una trattazione dettagliata, si veda G. Perrella, Appunti di Neurochimica. BM&L, Firenze 2006).