La percezione tridimensionale si basa sui rilevatori di orientamento
DIANE RICHMOND
NOTE
E NOTIZIE - Anno IX - 17 dicembre 2011.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo
staff dei recensori fra quelli
pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Una
delle più importanti funzioni della visione, dalla quale dipende un gran numero di processi di elaborazione e risposta della nostra
vita quotidiana, consiste nel riconoscimento della forma tridimensionale degli oggetti presenti
nell’ambiente che ci circonda. Alla base di questa facoltà si ritiene vi siano
alcuni elementi visivi che fungono da tracce, quali la stereopsia, la parallasse di
moto e l’ombreggiatura.
Un’indicazione importante, ma ancora scarsamente compresa, viene dai segni
della trama di superficie. Quando una superficie con una sua caratterizzazione
percettiva è inclinata nelle tre dimensioni relative all’osservatore, i patterns superficiali appaiono compressi
nell’immagine retinica, fornendo informazioni potenzialmente importanti circa
la forma tridimensionale. Ciò che non si conosce è come il cervello legga ed
elabori queste informazioni contenute nell’immagine retinica.
Roland
W. Fleming, Daniel Holtman-Rice e Heinrich H. Bülthoff studiano da tempo il
problema ed ora hanno condotto una sperimentazione che ha consentito loro di
spiegare come possa essere estratta l’informazione-chiave da popolazioni di
neuroni sintonizzati su differenti orientamenti e frequenze spaziali, come
quelle che si riconoscono nella corteccia visiva primaria dell’area V1 o area
17 di Brodmann[1] (Fleming R. W., et
al. Estimation
of 3D shape from image orientations. Proceedings of
the National Academy of Science USA [Epub ahead of print doi:10.1073/pnas. 1114619109], 2012).
Gli autori dello studio
fanno capo ai seguenti istituti e istituzioni scientifiche: Department of Human
Perception, Cognition and Action, Max Plank Institute for Biological
Cybernetics, Tübingen (Germania); Department of Experimental Psychology,
University of Glessen (Germania); Department of Computer Science, Yale
University, New Haven (CT, USA); Department of Brain and cognitive Engineering,
Korea University, Seoul (Corea).
Lo studio è stato condotto mediante la presentazione
di immagini a nove volontari che dovevano esprimere giudizi visivi, come quello
di profondità, nell’osservazione di configurazioni bidimensionali.
I tre ricercatori,
sulla base di numerose evidenze sperimentali, avevano ipotizzato che
l’informazione fondamentale per la decodifica
tridimensionale fosse estratta da popolazioni di cellule con differente e specifica calibratura
funzionale bidimensionale per i diversi orientamenti e frequenze spaziali, quali quelle presenti nella corteccia visiva primaria. E, dunque, per sottoporre a
vaglio sperimentale questa ipotesi, hanno creato stimoli che selettivamente
attivano tali popolazioni neuroniche. In particolare, hanno filtrato immagini
bidimensionali random noise in patterns specificamente orientati in
grado di stimolare particolari subpopolazioni di neuroni della corteccia visiva.
In pratica, i partecipanti all’esperimento dovevano esprimere un giudizio di
tridimensionalità basato sulla profondità a partire da queste immagini-stimolo
bidimensionali: all’incirca nell’85% delle prove l’identificazione della stima
di profondità sulla base degli elementi di superficie è stata corretta.
Gli autori
hanno potuto verificare che, con questa tecnica basata sull’ipotesi dei neuroni
rilevatori di orientamento, i patterns
risultanti apparivano ai volontari vividamente tridimensionali (3D) e che, al
crescere della forza dei segnali di
orientamento, progressivamente cresceva il senso di forma tridimensionale, anche se
il filtering applicato non era
fisicamente coerente con ciò che si sarebbe verificato con un oggetto reale.
Questo risultato suggerisce che Fleming, Holtman-Rice e Bülthoff hanno
isolato dei meccanismi-chiave usati dal cervello per stimare
elementi relativi alla forma nello spazio a partire dalla codifica delle caratteristiche di superficie.
I
ricercatori hanno anche accertato che, adattare i rilevatori di orientamento del sistema visivo a patterns ortogonali, fa sì che del rumore casuale non orientato appaia come
una specifica forma 3D.
Nell’insieme
i risultati di questo studio dimostrano un ruolo cruciale dei rilevatori di orientamento negli stadi iniziali di
elaborazione che consentono la percezione della forma 3D.
L’autrice della nota ringrazia la
dottoressa Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle
recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie”
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).
[1] La corteccia visiva primaria, indicata con V1, corrisponde all’area 17 della ripartizione topografica di Brodmann della corteccia cerebrale che delimita 100 territori in base a criteri morfologici. Nelle descrizioni anatomiche classiche le aree visive conosciute erano la 17, la 18 e la 19, coincidenti con i territori della scissura calcarina del lobo occipitale e zone limitrofe. Oggi si conoscono almeno 32 aree visive distribuite nei lobi cerebrali; tali aree sono individuate in base a criteri funzionali (dopo le prime due che, rispettivamente, sembrano fungere da centro di prima raccolta di tutte le informazioni retiniche e da centro di smistamento, le altre sono indicate in base alla specializzazione esclusiva o prevalente emersa alle verifiche sperimentali: area del colore, area del movimento, area del colore in movimento, ecc….) e sono indicate con la lettera “V” seguita da un numero progressivo. Tale criterio di denominazione non è universalmente adottato ed alcuni autori conservano la lettera “M” per indicare le aree visuo-motorie.