Come il ritmo da Bach a Joplin contribuisce al piacere della musica

                                                                                                                                           

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X – 03 marzo 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Lo studio della psicologia della musica e l’indagine neuroscientifica degli effetti sul sistema nervoso centrale dell’esposizione a stimoli sonori, melodici ed armonici, fa ritenere che in massima parte il piacere dell’ascolto derivi da un equilibrio fra prevedibilità e sorpresa. Lo studio della struttura delle composizioni musicali storicamente più apprezzate, ha rivelato che le fluttuazioni dei toni seguono una legge di potenza 1/f che consente di raggiungere esattamente questo equilibrio[1].

Per ciò che concerne i ritmi musicali, prendendo a modello soprattutto la musica classica della tradizione europea, si è rilevato che sono altamente regolari e prevedibili e, su questa base, si è ipotizzato che il contributo del ritmo al gradimento della musica consista proprio in questa prevedibilità. Daniel J. Levitin, Parag Chordia e Vinod Menon, si sono chiesti se è vero che i ritmi sono interamente prevedibili e in qual modo variano in relazione al genere e al compositore. Per dare risposta a questi interrogativi, hanno esaminato lo spettro ritmico di più di mille e settecento movimenti di musica classica, trovando risultati che sono andati oltre le loro aspettative (Daniel J. Levitin, Parag Chordia & Vinod Menon, Musical Rhythm spectra from Bach to Joplin obey a 1/f power law. Proceedings of the National Academy of Science USA [Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1113828109], 2012).

I tre ricercatori fanno capo alle seguenti istituzioni: Department of Psychology, School of Computer Science and School of Music, McGill University, Montreal (QC, Canada); School of Music, Georgia Institute of Technology, Atalanta (Georgia, USA); Program in Neurosciences, Department of Psychiatry and Behavioral Sciences and Department of Neurology and Neurological Sciences, Stanford University, Stanford (California, USA).

La musica è l’arte nella quale l’immagine lirica si manifesta mediante  la combinazione di suoni diversi per qualità o temporalità e, in genere, è frutto di una composizione organica e sintattica, costituita dalla melodia (sequenza di suoni diversi per altezza), dall’armonia (successione di accordi di più note suonate simultaneamente), dal timbro (colore acustico legato alla natura dello strumento), dalla dinamica (combinazione di suoni diversi per intensità) e dal ritmo (l’organizzazione nel tempo di singoli fatti sonori in unità, frasi, periodi, e così via). Nell’esperienza dell’ascolto di un brano musicale, tutte queste componenti si fondono e, per chi non abbia un orecchio educato al riconoscimento di ciascuna, può essere difficile sulle prime definire a quale elemento strutturale della composizione attribuire maggior rilievo nel generare piacere. Gli studi precedenti hanno riconosciuto notevole importanza alle tonalità musicali, ed è risultato che il loro equilibrio fra prevedibilità e sorpresa, che genera gradimento, attrazione o piacere acustico, poteva essere codificato mediante equazioni 1/f.

Le equazioni “uno su effe” (1/f) descrivono la frequenza relativa di cose che accadono nel corso del tempo, e possono essere impiegate per rappresentare fenomeni ed eventi naturali caratterizzati da ricorrenza o periodicità, come ad esempio i giorni di bel tempo o le esondazioni di un fiume in un anno, il numero di battiti del cuore o lo spontaneo ammiccamento delle palpebre in un minuto. Le equazioni 1/f, come già ricordato, descrivono il modo in cui i toni sono impiegati nelle composizioni musicali ma, fino a questo studio, non sono state cimentate con l’andamento del ritmo.

Levitin, Chordia e Menon hanno esaminato 1788 movimenti estratti da 558 composizioni di musica occidentale di autori celebri, e l’analisi ha rivelato che la stragrande maggioranza segue una legge di potenza 1/fβ, attraversando 16 sottogeneri musicali e interessando ben 40 compositori diversi, con un valore di β compreso in un intervallo da ~ 0.5 a 1. In particolare, analizzando le composizioni mediante la misurazione della lunghezza delle note, i ricercatori hanno rilevato che quasi tutte seguivano la legge di potenza; poi, aggiungendo una variabile (β) usata per descrivere la prevedibilità di un brano rispetto all’altro, hanno potuto risolvere per β l’equazione, con il risultato di individuare un numero specifico per ogni compositore. In particolare, era evidente che i grandi protagonisti della storia della musica classica, le cui composizioni mostrano uno spettro 1/f per i toni pressoché identico, dimostravano uno spettro distintivo di 1/f per il ritmo: i ritmi di Beethoven erano fra i più prevedibili, quelli di Mozart fra i meno prevedibili.

E’ interessante notare che la legge di potenza consentiva di distinguere anche fra generi musicali: in particolare, i brani di musica strumentale sinfonica sono risultati molto più prevedibili dei Ragtimes, e gli altri tipi di composizione hanno mostrato gradi intermedi di regolarità.

La verifica di questo risultato ha rivelato ai ricercatori di aver involontariamente trovato un modo per calcolare la cifra ritmica unica e distintiva, come una firma, di ogni autore.

L’indagine condotta dai tre ricercatori su composizioni che coprono un arco di quasi quattro secoli di storia della musica, ha costantemente rilevato spettri ritmici 1/f, dimostrando che, come era già stato accertato per la tonalità, anche il ritmo mostra un equilibrio fra prevedibilità e sorpresa che potrebbe contribuire in un modo significativo a determinare il nostro gradimento, sia sulla base di sollecitazioni indotte in circuiti già biologicamente predisposti, sia per effetto dell’educazione musicale, che probabilmente sviluppa il nostro senso estetico della musica coltivando il gusto per forme derivate da antecedenti storico-antropologici, la cui origine è stata inconsapevolmente guidata da inclinazioni neurofunzionali e psicologiche.

Levitin, Chordia e Menon propongono, poi, questa interessante riflessione: sebbene le composizioni musicali siano concepite per essere suonate, il fatto che i ritmi annotati sugli spartiti musicali seguano uno spettro 1/f, indica che tale struttura non è il mero artefatto dell’esecuzione o della percezione, ma esiste come parte della composizione scritta, prima che il brano sia eseguito. Da ciò si deduce che i compositori sistematicamente manipolano, più o meno consapevolmente, la prevedibilità dei ritmi 1/f, conferendo alle proprie composizioni identità inconfondibili.

Un altro aspetto interessante della ricerca è che, poiché i patterns sono basati su una legge di potenza, la musica studiata presenta gli stessi tipi di patterns in qualità di frattale. In tal modo, è facile immaginare la musica in patterns frattali unici per ciascun compositore.

 

L’autrice della nota ringrazia il dottor Patrizio Perrella, matematico e cultore di scienze della musica, con il quale ha discusso l’argomento trattato, e invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Diane Richmond

BM&L-03 marzo 2012

www.brainmindlife.org

 

 



[1] Le leggi di potenza, che ricorrono nelle distribuzioni di probabilità, corrispondono a relazioni del tipo f(x) = axk + o(xk) .