Come la stimolazione del cervello può evocare ricordi

                                                                                                                                           

 

SIMONE WERNER

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X – 10 marzo 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Le straordinarie trascrizioni delle sedute di stimolazione elettrica della corteccia cerebrale di pazienti svegli scalottati da parte del neurochirurgo e neurofisiologo canadese Wilder Penfield, rimangono fra i documenti più straordinari della storia delle neuroscienze. Nel 1942, per rendersi conto di quali parti del cervello fossero attive e quali fossero state compromesse dalla presenza di un tumore, Penfield stimolò la superficie corticale di una paziente ottenendo una serie impressionante di informazioni da risposte mai evocate prima e, in gran parte, sorprendenti per le conoscenze dell’epoca. Come esempio si riporta, qui di seguito, l’esito della stimolazione elettrica contrassegnata con il numero “11” nella trascrizione.

 

11 – (Esperimento di stimolo ripetuto senza avvertire la paziente) “Si, signore, credo di sentire una madre chiamare il suo bambino da qualche parte. Sembra essere qualcosa che è accaduto anni fa”. (Le si chiede di spiegare) “Qualcuno nel vicinato dove io vivo”. (Poi dice di se stessa al momento della percezione) “Ero in un qualche luogo vicino abbastanza per sentire”[1].

 

Dopo qualche semplice risposta motoria, ad ogni nuovo punto di cimento dell’elettrodo si aveva testimonianza di un nuovo stato mentale indotto nella paziente: ricordi di persone, voci, luoghi improvvisamente ritornati dal passato e divenuti presenti, ma anche sensazioni insolite come quella di “conoscere tutto ciò che sarebbe accaduto nel prossimo futuro”[2]. Penfield scrive: “Ero sempre più stupito ad ognuna delle risposte che il mio elettrodo evocava. Come poteva essere? Questo aveva a che fare con la mente. Io chiamai tali risposte «esperienziali»”[3].

Penfield, che con Rasmussen realizzò la prima mappa neurofunzionale della corteccia cerebrale definendo la somatotopica senso-motoria di tutto il corpo[4], aveva ben presente la differenza che c’è fra il rilievo di un’area la cui stimolazione portava alla contrazione di un dito, e la scoperta di territori in grado di indurre rievocazioni ed evocazioni: per la prima volta si metteva in relazione l’esperienza mentale con l’architettura cerebrale.

Oggi, dopo innumerevoli conferme che la stimolazione elettrica della neocorteccia del lobo temporale può causare l’evocazione di esperienze passate, non possiamo ancora dare una precisa risposta alla domanda che si poneva Penfield su come fosse possibile una cosa simile, ossia come uno stimolo elettrico potesse produrre rievocazione o, per essere più precisi, reviviscenza, secondo quanto osservato da Perrella. Joshua Jacobs, Bradley Lega e Christopher Anderson della Drexel University e dell’Hospital of the University of Pennsylvania (Philadelphia), hanno realizzato il primo esame dettagliato delle basi neurali della rievocazione mnemonica indotta da stimolazione, fornendo una prima risposta a tale domanda (Jacobs J., et al. Explaining How Brain Stimulation Can Evoke Memories. Journal of Cognitive Neuroscience 24 (3), 553-563, 2012).

Il lavoro, sia pur condotto con estremo rigore metodologico e procedurale, consiste nello studio di un singolo caso, rappresentato da un paziente che ha attendibilmente richiamato ricordi del tempo della sua scuola superiore (HS, da high school), dopo la stimolazione in un sito del suo lobo temporale sinistro.

La sperimentazione è consistita nello studio funzionale dell’attività dell’encefalo del paziente nell’eseguire compiti di memoria dopo lo stimolo dell’area che ha mediato il recupero delle esperienze vissute nell’epoca della vita in cui frequentava la HS.

Dopo la stimolazione, il paziente è stato sottoposto ad una prova di memoria realizzata in modo da essere specificamente adatta allo scopo. In sintesi, il volontario era indotto a recuperare informazioni da argomenti legati o non legati alla HS.

L’area cerebrale, la cui stimolazione evocava memorie HS, quando il paziente era indotto a ricordare informazioni legate alla HS, presentava un pattern specifico di attività neurale, che poteva facilmente essere distinto da quello che si produceva durante il recupero di informazioni non-HS.

Tale reperto indica che la sede topografica che ha prodotto la rievocazione dei ricordi adolescenziali è anatomicamente il sito in cui vi sono i circuiti che contengono nella propria organizzazione funzionale le informazioni necessarie e sufficienti a riportare alla coscienza del soggetto quella parte di memorie. Non si crede, naturalmente, che le memorie siano custodite in quella sede come oggetti depositati in un contenitore neurale, come voleva il neo-localizzazionismo ingenuo, talvolta riemerso nell’ultimo decennio nell’interpretazione di studi condotti mediante la risonanza magnetica funzionale[5]. Tuttavia, la specificità della sede, sia nella risposta evocativa sia per il nuovo accesso a quelle memorie dopo la stimolazione, indica la localizzazione di un processo necessario, se non altro, alla rievocazione di quelle tracce.

Jacobs, Lega e Anderson interpretano in questo modo il risultato della loro osservazione: il paziente ha un blocco di neuroni nel lobo temporale che intervengono nella rappresentazione del “nesso con la scuola superiore” nello stato cognitivo corrente. Su questa base, ipotizzano che la stimolazione erogata nell’area sensibile alla rievocazione dei ricordi non abbia semplicemente determinato una de-repressione di un blocco di programmi che sono ritornati attivi, ma abbia creato un’interferenza con l’attività neurale locale in un modo che ha parzialmente simulato lo stato cerebrale normale per l’uso cosciente delle memorie della HS. Più in generale, e sulla base di quanto affermato dagli stessi autori dello studio, da questa esperienza si può dedurre che la stimolazione cerebrale può accidentalmente determinare collegamenti che ricreano gli schemi di attività neurali (patterns) con i quali la cognizione normale rievoca i ricordi.

In tal modo, si sarebbe data una prima risposta al “come è possibile che ciò accada” di Penfield, anche se non ancora in termini di codici di sistema e di processi cellulari e molecolari. A questo punto, non si può che attendere con ansia il risultato di altri studi che potranno confermare o confutare la ragionevole interpretazione di quanto rilevato in un singolo caso.

 

L’autore della nota ringrazia il Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, con il quale ha studiato e discusso l’argomento trattato, e invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Simone Werner

BM&L-10 marzo 2012

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Vedi in G. Perrella, La lezione e le lezioni di Wilder Penfield. Princeton University Press, 1987; Cfr. W. Penfield, The mistery of the mind. Princeton University Press, Princeton, New Jersey, 1975.

[2] Penfield, riportato in G. Perrella, op. cit., p. 14.

[3] G. Perrella, op. cit., ibidem.

[4] Penfield W. & Rasmussen T., The Cerebral Cortex of Man. Macmillan, New York 1950.

[5] Cfr. “Note e Notizie 27-05-05 Una nuova frenologia con la risonanza magnetica nucleare?”.