Ridotta la mielina corticale prefrontale per isolamento sociale  

 

 

SIMONE WERNER

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X – 24 novembre 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Le esperienze della vita possono ripercuotersi sulla struttura e sulle funzioni del cervello non solo agendo sui neuroni e inducendo variazioni della plasticità sinaptica, ma anche determinando effetti sulla glia.

Un gruppo nutrito di ricercatori, di cui fa parte anche Eric J. Nestler, ha sottoposto un campione di roditori adulti ad un prolungato isolamento sociale, studiandone le conseguenze: l’alterata formazione dell’eterocromatina negli oligodendrociti e il ridotto spessore mielinico evidente nella corteccia prefrontale, ha suggerito un ruolo dell’esperienza sociale nella regolazione della sintesi di quelle strutture membranarie specializzate che garantiscono aspetti essenziali della fisiologia dell’encefalo (Liu J., et al., Impaired adult myelination in the prefrontal cortex of socially isolated mice. Nature Neuroscience [Epub ahead of print doi:10.1038/nn.3263], 2012).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Neuroscience and Friedman Brain Institute, Mount Sinai School of Medicine, New York (USA); Department of Anatomy and Neurobiology, Virginia Commonwealth University, Richmond, Virginia (USA).

E’ noto che la formazione della mielina costituisce una componente di estrema importanza nello sviluppo del cervello dei mammiferi, in quanto la fisiologia del processo è necessaria per funzioni che vanno dalle attività motorie più elementari all’intelligenza umana, e le sua alterazione è stata messa in relazione con i principali disturbi psichiatrici. Si tratta di un processo evolutivo parallelo a quello del tessuto nervoso, ma per molti versi indipendente, con caratteristiche proprie nelle diverse specie. Si pensi, ad esempio, che lo sviluppo dell’architettura laminare della corteccia prefrontale nei roditori prosegue dopo la nascita e si compie verosimilmente grazie all’apprendimento dovuto alle esperienze compiute dall’animale (Van Eden, 1985); al contrario, nell’uomo il feto di sette mesi ha già una corteccia cerebrale perfettamente organizzata negli strati laminari definitivi, e i principali caratteri della morfologia adulta sono sostanzialmente presenti alla nascita (Mrzljak et al., 1990).

Questa precoce evoluzione anatomica dell’organizzazione neuronica della corteccia, nella nostra specie, contrasta con la lenta maturazione mielinica, che prosegue oltre l’infanzia, per tutta l’adolescenza, fino alla giovinezza. Flechsig riconobbe, oltre un secolo fa, che la formazione della mielina in epoca perinatale segue una definita sequenza cronologica, con le aree associative, inclusa la corteccia prefrontale, per ultime (Flechsig, 1901, 1920). La scansione temporale, che sembrava seguire un criterio di latenza inversamente proporzionale al grado di complessità del ruolo attribuito ad una determinata regione, suggerì a Flechsig l’ipotesi secondo cui lo sviluppo delle funzioni segua la mielinizzazione e in parte dipenda da essa; in particolare, le aree in cui la mielinizzazione avviene più tardivamente, sarebbero quelle impegnate in funzioni complesse altamente correlate all’esperienza dell’organismo. Criticata da Wernicke, Monakov, Nissl e Vogt, la tesi di Flechsig fu accettata da Cajal ed oggi, grazie agli studi di neuroimaging, ha ricevuto sostanziali conferme (Guillery, 2005). Soprattutto le osservazioni condotte mediante risonanza magnetica funzionale hanno fornito persuasive evidenze che lo sviluppo della corteccia frontale, e specialmente prefrontale, non raggiunge il suo completamento prima della terza decade di vita (Bartzokis et al., 2001: Toga, 2006). Tali studi dimostrano che lo sviluppo morfo-funzionale è strettamente legato ad un incremento della sostanza bianca e una riduzione della materia grigia, quest’ultima presumibilmente dovuta al processo di selezione neuronica ipotizzato e in parte dimostrato da Edelman (1987). In linea con queste evidenze, lo sviluppo delle abilità cognitive nella comunicazione linguistica, l’intelligenza e il ragionamento, che fortemente dipendono dalla connettività intracorticale e cortico-corticale, non raggiungono la piena maturità prima del completamento della mielinizzazione corticale (Fuster, 2003; 2008).

Una volta formata da parte degli oligodendrociti, la guaina protettiva degli assoni richiede un continuo intervento di regolazione, non essendo un comparto statico del nevrasse, ma rappresentando una componente altamente dinamica in rapporto con gli stati funzionali del sistema nervoso e, indirettamente, dell’intero organismo.

L’esperimento di isolamento protratto di topi adulti, condotto con la collaborazione di Jeffrey Dupree e la supervisione di Patrizia Casaccia, ha indotto variazioni comportamentali, trascrizionali ed ultrastrutturali negli oligodendrociti della corteccia prefrontale ed ha compromesso la mielinizzazione adulta.

L’esperimento successivo, di reintegrazione sociale degli animali, è stato sufficiente a normalizzare i parametri comportamentali e trascrizionali.

In paragone, l’esperimento di induzione di brevi periodi di isolamento ha fatto registrare alterazioni limitate alla mielina e alla cromatina, ma non ha indotto cambiamenti comportamentali.

Tali rilievi consentono di ritenere che gli oligodendrociti produttori di mielina nella corteccia prefrontale di mammiferi adulti rispondano all’interazione sociale mediante variazioni della cromatina, pertanto gli autori dello studio desumono che la mielinizzazione costituisca una forma di plasticità cerebrale nell’animale adulto e verosimilmente nell’uomo.

Gli esiti di questa sperimentazione, rapportati ai dati emersi di recente dalla ricerca che studia la regolazione dinamica della produzione e della riparazione delle membrane di rivestimento da parte dell’oligodendroglia, suggeriscono che le esperienze sociali possano agire come induttore ambientale di plasticità mielinica grazie ad un programma epigenetico.

 

L’autore del testo invita alla lettura degli scritti di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” di questo sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Simone Werner

BM&L-24 novembre 2012

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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