Il TNF materno via chemochine del latte programma sviluppo ippocampale e memoria

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 18 gennaio 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Il fattore di necrosi tumorale α (tumor necrosis factor α, o TNF) è una citochina proinfiammatoria con ruoli ben definiti nella difesa dell’ospite e nell’organogenesi del sistema immunitario. Bingfang Liu e colleghi hanno studiato a fondo il TNF ed hanno scoperto una sua funzione fisiologica mai descritta prima, consistente in un ruolo che estende i suoi effetti oltre l’organismo dell’ospite, andando ad interessare la sua progenie durante lo sviluppo.

Gli interessanti esiti di questo studio hanno dimostrato l’influenza del genotipo del TNFα materno sul fenotipo cerebrale e comportamentale della prole adulta: il TNF agisce su chemochine del latte materno in grado di influire sulla proliferazione delle cellule dell’ippocampo dei figli, interessando lo sviluppo della loro memoria spaziale (Liu B., et al., Maternal hematopoietic TNF, via milk chemokines, programs hippocampal development and memory. Nature Neuroscience 17 (1): 97-105, 2014).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Pharmacology Weill Cornell Medical College, New York, NY (USA); The Rockefeller University, New York, NY (USA).

Ricordiamo che il TNF, detto anche TNF-α, cachessina o cachectina, è una proteina implicata nell’infiammazione sistemica ed è classificata fra i membri di un gruppo di citochine che stimolano la reazione della fase acuta. Il suo nome (fattore di necrosi tumorale) si deve all’azione rilevata al suo primo isolamento: in seguito al trapianto di un sarcoma, un tumore a rapido sviluppo maligno, veniva rilasciato dall’organismo e causava la necrosi del cancro. Studi successivi rilevarono però che il TNF può stimolare la crescita di altri tipi di tumore. Il gene che codifica il TNF corrisponde al locus 6p21.3; la produzione del fattore avviene in due fasi: prima come proteina transmembrana lunga 212 aminoacidi, poi, per l’intervento di una metalloproteasi (TACE), si forma la citochina come omotrimero solubile.

Il TNF partecipa ad importanti processi, quali la morte cellulare programmata o apoptosi, la proliferazione, il differenziamento, la cancerogenesi e la replicazione virale. Il ruolo più studiato è quello di regolatore delle cellule del sistema immunitario.

Le chemochine sono, invece, delle proteine di basso peso molecolare (8-12 kD) strutturalmente omologhe e provviste di uno o due ponti disolfuro in base ai quali sono divise in quattro classi (CC, CXC, C e CX3C). Se ne conoscono una cinquantina e possono essere monomeri, dimeri od oligomeri. La maggior parte è annoverata nelle prime due classi, solo poche nella classe C e, per quanto riguarda la classe CX3C, ne è stata descritta solo una: la fractalina. La produzione di alcune chemochine è costitutiva dell’organismo, mentre molte altre sono rilasciate per effetto di infiammazione o infezione, in seguito all’attivazione di TLR e di fattori di trascrizione. Tra le cellule che rilasciano chemochine le più studiate sono epiteliali, endoteliali, fibroblasti e leucociti. In condizioni fisiologiche, le chemochine regolano il traffico dei leucociti negli organi linfoidi, intervengono nell’angiogenesi e nell’embriogenesi. In particolare, CXCR4 è importante per la migrazione di cellule embrionarie che portano alla formazione del cervelletto nel sistema nervoso centrale e del cuore nel foglietto mesodermico.

Liu e colleghi hanno rilevato che nel topo, un parziale o completo deficit di TNF materno, specificamente nelle cellule ematopoietiche, risultava in livelli più bassi, nel latte, delle chemochine IP-10, MCP-1, MCP-3, MCP-5 e MIP-1β.

La sperimentazione ha rivelato che tali chemochine determinavano la proliferazione cellulare post-natale nell’ippocampo della prole, cui conseguiva una migliorata memoria spaziale nel topo adulto.

Successivamente, Liu e colleghi hanno riprodotto questi effetti mediante la somministrazione post-partum di un farmaco anti-TNF correntemente adoperato in clinica. Le chemochine, somministrate ai piccoli poppanti di madri deficitarie in TNF, ristabilivano i livelli normali di proliferazione postnatale e di prestazioni nelle prove di memoria spaziale.

Il complesso della sperimentazione, per il cui dettaglio si rinvia alla lettura integrale del testo del lavoro originale, consente di affermare che Liu e colleghi hanno identificato una via lactocrina TNF-dipendente che interviene nella programmazione dello sviluppo ippocampale della prole e, conseguentemente, dello sviluppo di funzioni e prestazioni di memoria.

Numerosi studi precedenti hanno dimostrato che il TNF ambientale è regolato verso il basso dall’attività fisica in generale, dall’esercizio motorio e dallo stress adattativo. Sulla base di questa evidenza fisiologica, Liu e colleghi propongono che la via TNF materno-chemochine del latte si sia evoluta nel corso della filogenesi, per promuovere l’adattamento della prole alle sfide ambientali che deve affrontare subito dopo lo svezzamento e migliorarne le qualità per affrontare la competizione darwiniana.

Concludendo questa recensione che, nell’emergente importanza della trasmissione biologica genitori-figli non per via di genetica classica accosterei al lavoro recensito a dicembre sui meccanismi di trasmissione della paura appresa da un genitore[1], non ci si può esimere da una sia pure breve considerazione sull’importanza del latte materno.

Le straordinarie proprietà e qualità alimentari del latte ne fanno il secreto più ricco e finemente equilibrato che si conosca in natura, con caratteristiche generali e specie-specifiche.

Nella nostra specie l’allattamento al seno, per i contatti fisici che produce, determina una serie di effetti che vanno dalla stimolazione alla produzione di prolattina e all’induzione del riflesso di rilascio dell’ossitocina che svuota i dotti galattofori, fino all’aumento dell’attaccamento della madre al figlio e dello stabilirsi delle basi dell’equilibrio psico-emotivo del bambino. Da molti decenni è noto che la presenza nel latte di composti ad azione antibatterica ed antivirale protegge dalle infezioni i bambini nutriti naturalmente, ma sono numerose le condizioni patologiche a bassa incidenza negli allattati al seno: l’acrodermatite enteropatica, l’iperamminoacidemia dei prematuri, l’ipocalcemia neonatale, l’ipernatriemia, l’anemia ferropriva, l’enterocolite necrotizzante, l’obesità infantile. Infine, i bambini alimentati con latte materno presentano una più bassa incidenza di carie e di inappetenza.

Ora, la scoperta che attraverso il latte materno si ha una “programmazione” - espressione adoperata dagli autori e a nostro avviso appropriata - di uno sviluppo postnatale di una struttura come l’ippocampo, di fondamentale importanza per l’apprendimento, consolida il sapere scientifico che dovrà indurre sempre più ginecologi e pediatri ad impegnarsi nell’affrontare i problemi che possono ostacolare o impedire l’alimentazione naturale nei primi mesi di vita.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura degli scritti di argomento connesso che compaiono sul sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Nicole Cardon

BM&L-18 gennaio 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Note e Notizie 14-12-13 Meccanismi della trasmissione epigenetica di una paura appresa da un genitore.