Le basi della creatività: nuovi esiti e riflessioni critiche

 

 

LORENZO L. BORGIA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 05 aprile 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RASSEGNA E DISCUSSIONE]

 

(Prima Parte)

 

Di recente[1] ho avuto occasione di specificare il modo in cui personalmente, e in accordo con la nostra scuola neuroscientifica, intendo la creatività e il pensiero creativo. In quel contesto ho anche notato che la concezione corrente più diffusa segue un criterio più ampio - e a mio avviso più generico - per l’attribuzione dell’etichetta di “creativo” ad un processo mentale. Ho letto una buona parte dei numerosi studi che sono stati condotti in questa ottica ed ho estratto alcuni risultati interessanti, che intendo proporre alla riflessione e alla discussione, allo scopo di verificare se il loro valore si conserva o si perde al mutare della concezione di fondo. Considerata la mole e l’eterogeneità dei lavori più recenti ho scelto una ripartizione in quattro paragrafi tematici[2].

 

1. Genesi di nuove idee. Molti ricercatori concordano nel ritenere che il primo stadio del processo creativo consista nella genesi di nuove idee, pertanto si è cercato di comprendere come avvenga questa produzione originale. Non esistendo, allo stato attuale delle nostre conoscenze ed ancor più nei decenni scorsi, alcun modo che ci consenta di visualizzare nel cervello le idee, magari marcandole in modo differenziale per distinguere le nuove dalle vecchie, ci dobbiamo accontentare di cercare dei correlati neurali o psicologici che si accompagnano alla produzione di espressioni definite dal nostro giudizio cognitivo sul prodotto finito, ossia sul contenuto ideativo. Ma come si fa a definire nuova un’idea?

Giuseppe Perrella ha osservato che la novità di un’idea, come altre qualità e valori astratti, non emerge come evidenza assoluta, ma risulta sempre da una relazione con un contesto psichico, culturale o tecnico[3]. Questo modo di intendere pone non pochi problemi alla ricerca, rendendo impossibile l’applicazione dei tradizionali paradigmi di scomposizione analitica che si applicano ai comportamenti semplici, talora riflessi o automatici, strettamente connessi con percezione e movimento.

Lo studio delle abilità creative, come di altre facoltà psichiche, richiederebbe una definizione dell’oggetto, sia pure ipotetica, imperfetta e provvisoria, che sia non ambigua e circoscritta, in modo tale da consentire di non confondere - se possibile - il processo creativo con altri tipi di processo e separarlo dalle altre attività con le quali è in continuità. In tal modo, oltre a stabilire dei correlati certi, si renderebbe più facile il convenire sull’identità del processo indagato da parte di tutti i ricercatori, degli altri studiosi e di tutti coloro che sono interessati a questo genere di conoscenze. È evidente che una tale necessità non sussiste per processi cerebrali di più basso livello, come la percezione e il movimento: in questi casi è evidente che basta semplicemente seguire le immediate conseguenze dell’input che deriva dalla recezione di stimoli luminosi, acustici, meccanici o chimici, oppure indagare l’attività dei neuroni di moto che immediatamente precede e consente lo spostamento di segmenti corporei o del corpo intero.

Di fatto, la ricerca sviluppata dagli anni Novanta ad oggi, ha adoperato e creato alcuni paradigmi ampiamente accettati, ma la cui realtà deve essere conosciuta perché si possa sapere realmente a quale standard sono rapportati i risultati, e dunque, implicitamente, a quale concezione della creatività o della novità si è fatto riferimento. Ad esempio, se in uno studio si valuta creativa la persona che tende ad adoperare degli oggetti non secondo l’uso convenzionale ma in modo tale da risolvere un piccolo problema pratico posto dai ricercatori, si sta assimilando alla creatività questa particolare abilità, secondo le tesi dello psicologo di Malta Edward De Bono, che aveva definito “pensiero laterale” un complesso di atteggiamenti mentali e processi cognitivi che non seguono le abitudini culturali prevalenti. Ma, se sappiamo che la creatività di una persona è stata valutata dal fatto che abbia pensato o meno di usare dei calzini per stabilizzare degli oggetti in una valigia, possiamo verificare il valore di questo specifico paradigma, magari rapportandolo alla nostra personale esperienza. Chi scrive ha un collega bravissimo nell’adoperare simili soluzioni per preparare valigie e imballare oggetti da spedire, ma per sua stessa ammissione e comune riscontro, è assolutamente privo di fantasia e creatività, oltre che fondamentalmente indifferente o avverso alla maggior parte delle espressioni artistiche. La sua abilità è conseguenza di un apprendimento per imitazione, al quale ha aggiunto variazioni sul tema che, di volta in volta, lo hanno portato ad usare vari indumenti, tessuti, carta e materiali compressibili come ammortizzatori di sollecitazioni meccaniche. Nel suo caso, dunque, registrare l’attività mentale mentre mette delle canottiere intorno a vasi di ceramica, non vuol dire certo rilevare il correlato neurale di una nuova idea.

Negli studi di impostazione neurologica, in cui si cercano dei correlati neurofunzionali, si adoperano test cognitivi sul tipo di quelli adoperati in neuropsicologia clinica. In questi casi la nuova idea è assimilata ad una scelta non convenzionale, ma razionalmente “giusta” secondo criteri di comune buon senso o logica aristotelica elementare.

Il primo tentativo di registrare correlati neurofunzionali di nuove idee si può far risalire a circa venti anni fa, quando, grazie ai progressi dell’elettroencefalografia, si era giunti a mettere in relazione l’attività elettrica corticale con particolari processi cognitivi. Nei decenni precedenti l’elettroencefalogramma (EEG), che nel suo prevalente impiego diagnostico forniva indicazioni di alterazioni diffuse o focali secondo profili indicatori dei tipi di processo patologico, in neurofisiologia si era limitato a fornire elementi distintivi delle fasi del sonno (REM e Non-REM) e della veglia.

Come è noto, lo stato di riposo percettivo o di base nel quale si registra l’EEG a scopo diagnostico, in condizioni normali è dominato da onde della cosiddetta banda α, corrispondente ad una frequenza di 9-13 hertz o cicli per secondo (8-12, secondo la vecchia stima). Tale frequenza, originata prevalentemente dalle regioni posteriori della corteccia, è caratteristica dello stato di veglia in condizioni di quiete, rilassamento o riposo, con attenzione diffusa, in assenza di operazioni mentali coscienti o dello sviluppo di processi cognitivi volontari e specifici. Quando il pensiero è impegnato in un’astrazione, nel rammentare i termini di faccende da compiere, ed ancor più quando si è impegnati in un compito che richiede controllo cognitivo ed attenzione focalizzata, come fare un calcolo aritmetico o tradurre delle frasi in una lingua straniera, il tracciato dell’attività elettrica rilevata dalla superficie del cranio vedrà la prevalenza della banda β, costituita da onde con una frequenza di 15-20 hertz. Tale frequenza, originata prevalentemente dai territori anteriori, ossia dalla corteccia corrispondente ai lobi frontali, è convenzionalmente messa in rapporto con i più importanti processi mentali, legati alla consapevolezza e all’efficienza cognitiva.

Durante l’emergere di nuove idee, ossia nell’intervallo temporale attribuito alla loro genesi, i volontari sottoposti a registrazione elettroencefalografica hanno fatto registrare onde della frequenza α in corrispondenza delle aree frontali. Questo reperto è stato interpretato come correlato della nascita di nuove idee e, in quanto la frequenza alfa è presente su tutto l’encefalo in condizioni di attenuazione del controllo cognitivo attribuito prevalentemente ai lobi frontali, si è desunto che la genesi di nuove idee richieda una riduzione di attività dei lobi frontali. Tale deduzione, nota come ipotesi dell’ipofrontalità, ha trovato conferma in numerose osservazioni e verifiche sperimentali condotte con metodiche diverse; tuttavia la sua concezione non è esente da dubbi e critiche e, come vedremo in seguito, potrebbe essere stata influenzata da una bias culturale tanto diffusa da risultare inapparente. Ma, prima di discutere questo aspetto, consideriamo gli elementi a sostegno di tale visione.

 

[continua]

 

L’autore della nota, che ringrazia il presidente della Società Nazionale di Neuroscienze con il quale ha studiato e discusso l’argomento trattato e dal quale ha ricevuto correzioni e integrazioni preziose, suggerisce la lettura di tutti gli scritti di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Lorenzo L. Borgia

BM&L-05 aprile 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Cfr. “Creatività geniale o abilità esercitata” in NOTE E NOTIZIE (08-03-14, prima parte; 15-03-14, seconda parte; 22-03-14, terza parte ed ultima parte).

[2] La scelta è stata dettata anche dalla difficoltà di adottare altri criteri, quali ad esempio la distinzione per branca di studio (neuroscienze, psicologia) o metodologia (test psicologici, elettrofisiologia, risonanza magnetica, ecc.), perché sono troppi i lavori di collaborazione o con approccio multidisciplinare (es.: tesi psicologica posta al vaglio mediante risonanza magnetica).

[3] Cfr. Giuseppe Perrella, Riflessioni sul pensiero che ha creato il “genio” e sui tentativi di dare sostanza oggettiva e neurobiologica a questo concetto, in “Seminario sull’Arte del Vivere”, BM&L-Italia, Firenze 2007/2008. A questo scritto è da riportare anche il fondamento concettuale e culturale di tutta la mia discussione.