Come il fitness aerobico modella le connessioni cerebrali
DIANE RICHMOND & ROBERTO COLONNA
NOTE
E NOTIZIE - Anno XV – 07 ottobre 2017.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il
cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Numerose evidenze
neuroscientifiche hanno dimostrato che il fitness
aerobico accresce la plasticità strutturale del cervello, con conseguenze
davvero impressionanti: promozione dello sviluppo della materia grigia, con
aumento misurabile del suo volume, e mantenimento dell’integrità della sostanza
bianca dei cilindrassi delle cellule nervose che costituiscono le reti alla
base della funzione esecutiva, dell’attenzione, dell’apprendimento e della memoria.
Tale drammatica influenza
positiva non può non incuriosire i ricercatori circa i processi e i meccanismi
che consentono all’esercizio aerobico addirittura di “modellare”, se non altro
per cambiamenti quantitativi, il connettoma
cerebrale. L’impresa non è delle più semplici e richiederà il lavoro di anni di
molti gruppi di ricerca. Intanto, si può cercare di definire il profilo del
ruolo svolto dal fitness aerobico nel modificare le connessioni.
Uno studio che si è prefisso questo
scopo è già stato portato a termine, e sarà pubblicato su Cerebral Cortex. Gli autori, ossia Talukdar e colleghi facenti capo a 12 diversi istituti
scientifici, hanno studiato con la risonanza magnetica funzionale (fMRI, da functional magnetic resonance imaging) il cervello di un campione di 242 giovani in
perfette condizioni di salute e sottoposti a fitness aerobico.
(Talukdar T., et al. Aerobic Fitness Explains Individual Differences in the Functional Brain Connectome of Healthy Young Adults. Cerebral Cortex - Epub ahead of print doi:10.1093/cercor/bhx232, 2017).
Dei dodici
istituti ai quali fanno capo gli autori dello
studio si indicano i seguenti: Decision Neuroscience
Laboratory, Neuroscience Program, Department of Psychology, Department of
Bioengineering, Department of Internal Medicine, Carle R. Woese
Institute for Genomic Biology, University of Illinois, Champaign, IL (USA);
Center for the Developing Brain, The Child Mind Institute, New York, NY (USA);
Department of Psychology, Department of Health Sciences, Northeastern
University, Boston, MA (USA);
Negli anni Sessanta Kenneth
Cooper, per le esigenze di uno studio intensissimo e costante durante il
periodo del suo dottorato di ricerca in medicina, fu costretto ad una
sedentarietà che lo portò ad un aumento ponderale di circa venti chili. Cooper,
che studiava il rapporto tra ipocinesi e malattie cardiovascolari, per perdere
peso pianificò una serie di esercizi che richiedevano un alto consumo di
ossigeno e si rifacevano alla pratica sportiva del nuoto, della corsa a
velocità moderata (jogging) e del
ciclismo. Ciascuno degli esercizi era concepito in termini di frequenza, durata ed intensità per
sfruttare al massimo la capacità dell’apparato muscolare di impiegare il
metabolismo aerobico del glucosio (circolante, proveniente dal glicogeno o da
lipidi), senza mai farlo giungere allo stadio di prevalenza anaerobica, come invece
si fa negli sforzi protratti della pesistica finalizzati all’aumento di forza e
volume delle masse muscolari. Ognuno di questi esercizi, calibrato per un’intensità
media e discretamente protratto nel tempo, doveva essenzialmente migliorare le
prestazioni del sistema cardiovascolare per accrescere progressivamente la
capacità di prolungare la durata dell’attività e ripetere le sessioni, in modo
da favorire lo smaltimento dei lipidi accumulati nel tessuto adiposo, a
vantaggio della tonificazione della massa magra muscolare.
Nel 1968 Kenneth Cooper raccolse
i suoi studi nel volume intitolato Aerobics, col quale introdusse il termine nel gergo
scientifico e poi comune[1], e
propose il metodo dell’esercizio aerobico quale strumento per migliorare stato
fisiologico e prestazioni del sistema cardiovascolare. Definì anche un sistema
per la valutazione dell’allenamento basato su punteggi attribuiti ogni giorno e
raccolti in una griglia settimanale: la somma dei punteggi quotidiani indicava
il livello di allenamento raggiunto sfruttando la capacità aerobica. Inizialmente
la razionalizzazione con stima a punti delle prestazioni riguardava solo il jogging. Ricordiamo che Cooper concepì
anche il primo test in grado di stabilire rapidamente lo stato di forma di una
persona[2]; tale
prova, originariamente consistente nella misura della distanza coperta in 12
minuti di corsa, bene correlata con la VO2max, nelle sue varianti
attuali si impiega comunemente nella valutazione atletica dei calciatori.
La nascita della ginnastica
aerobica negli anni Settanta si attribuisce a Jackie Sorensen,
un insegnante di educazione motoria che, basandosi sugli studi di Cooper,
convertì in passi e salti eseguiti a tempo di musica i movimenti del jogging. Negli anni Ottanta si ebbe la
diffusione mondiale dei principi aerobici nelle discipline sportive[3] e l’American College of Sport Medicine
descrisse per la prima volta in chiave scientifica il metodo, prendendo le
mosse dalla concezione del medico americano.
Con questi cenni storici si è
voluto introdurre anche il lettore non specialista alle origini dell’aerobic fitness quale esercizio per tenere in forma
in primo luogo il sistema cardio-vascolare, con conseguente beneficio per
tutto il corpo[4]. I principali scopi
perseguiti da questa forma di allenamento si possono così riassumere:
1)
miglioramento delle
prestazioni dell’apparato cardiovascolare e dell’apparato respiratorio;
2)
accresciuta efficienza del
sistema di trasporto dell’O2;
3)
aumento funzionale
dell’irrorazione arteriolare e capillare del muscolo striato;
4)
accresciuta efficienza
enzimatica e dei processi mitocondriali del muscolo striato;
5)
miglioramento complessivo
della fisiologia del muscolo cardiaco;
6)
miglioramento del rendimento
meccanico nell’esecuzione dei movimenti;
7)
miglioramento nella percezione
dell’equilibrio e nel coordinamento motorio;
8)
complessiva percezione di uno
stato di forma e di benessere.
I rapporti tra la fisiologia
cardiovascolare e quella del sistema nervoso centrale sono stati un riferimento
costante dell’insegnamento della nostra società scientifica, pertanto è
superfluo in questa sede sottolineare l’importanza per ogni aspetto delle
attività cerebrali - dal controllo delle più elementari attività percettive e
riflesse alla vita psichica - dell’apporto ematico assicurato dalla funzione
cardiaca e dai dispositivi vascolari che, oltre a garantire il flusso
fisiologico, partecipano a strutture altamente specializzate come la barriera
emato-encefalica (BEE). Difficilmente però si poteva supporre, in un passato
anche abbastanza recente, che un miglioramento funzionale cardiovascolare e
respiratorio potesse avere influenze così marcate su struttura e funzione
cerebrale[5].
Talukdar e colleghi hanno indagato gli effetti del fitness aerobico misurato in volume massimo di ossigeno ematico
(VO2max), su differenze individuali nella connettività funzionale dell’intero
cervello, misurata mediante fMRI. Impiegando uno
studio di associazione esteso all’intero connettoma, i ricercatori hanno
identificato interessanti rapporti in un numeroso campione di volontari,
costituito da 242 giovani adulti non affetti da alcuna malattia clinicamente
rilevabile.
I risultati hanno evidenziato
varie regioni all’interno dei lobi frontali, parietali e temporali del
cervello, e all’interno della corteccia del cervelletto, con una significativa
associazione strutturale all’esercizio aerobico. I ricercatori hanno poi
rilevato l’influenza di queste regioni su 7 reti di connettività intrinseca,
dimostrando la maggiore associazione con le reti che sono note mediatrici degli
effetti benefici dell’aerobica sulla funzione
esecutiva (rete fronto-parietale), sulle funzioni necessarie all’attenzione e all’apprendimento (rete dell’attenzione ventrale e dorsale) e sulla memoria (rete di default).
Infine, Talukdar
e colleghi hanno fornito evidenze che la forza
della connettività fra queste regioni e la rete fronto-parietale consente di prevedere l’intelligenza fluida di una persona.
Gli autori della nota ringraziano la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza, e invitano alla lettura
delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E
NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Pochi anni dopo fu pubblicata una versione divulgativa del libro, intitolata The New Aerobics, che diede inizio alla moda della ginnastica aerobica in tutto il mondo. Sulla concezione aerobica di Cooper si basa anche il metodo dei diecimila passi al giorno per mantenersi in forma camminando.
[2] Il test fu inizialmente introdotto nell’Air Force degli USA, presso la quale prestava servizio Kenneth Cooper. Nel 1970 Cooper concluse la sua carriera di medico dell’aviazione militare americana e fondò The Cooper Institute, organizzazione non-profit di ricerca e didattica, e il Cooper Aerobics Center a Dallas. Cooper ha scritto 18 libri tradotti in 41 lingue diverse, e si è rivelato maestro anche nel trasmettere l’importanza che ha avuto nella sua vita la fede religiosa cristiana.
[3] In questo stesso periodo, per la promozione del business legato all’esercizio motorio da parte di personaggi del mondo dello spettacolo, la ginnastica aerobica fu propagandata come metodo per scopi estetici più che strumento per la salute cardiovascolare.
[4] In altri termini, una ginnastica leggera di durata protratta, secondo il principio dell’endurance (resistenza dell’organismo), contrapposto a quello della resistenza allo sforzo di particolari gruppi muscolari come si ha nell’esercizio anaerobico della pesistica (weight training o strenght training).
[5] Un’ipotesi non pubblicata del nostro presidente propone che gli effetti sul connettoma cerebrale siano una conseguenza di un cambiamento di quadro funzionale complessivo, innescato dalle funzioni cardiorespiratorie: un differente assetto fisiologico che include un diverso pattern di espressione genica causa effetti a feedback e feedforward che determinano un complesso insieme funzionale dal quale dipendono i rilevanti cambiamenti anche strutturali del cervello.