Il duplice controllo talamico di
sonno e veglia
LORENZO L. BORGIA & ROBERTO
COLONNA
NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 16 giugno
2018.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Trascorriamo
circa un terzo della nostra vita dormendo e, durante questa fase di
riequilibrio sinaptico e re-setting
di numerose funzioni, viviamo l’esperienza dei sogni, la cui natura di
depositari di desideri nascosti, come voleva Platone, o inconsci, secondo
Freud, è negata da coloro che, come Aristotele e i neurologi contemporanei di
Freud, ritengono che siano solo effetti, conseguenze e rielaborazioni di
esperienze ed attività della veglia, in una contrapposizione che dura da oltre
duemila anni. Il sonno interessa tutte le funzioni dell’organismo e della
mente, dalla regolazione dei livelli degli ormoni a quella del tono muscolare,
dalla fisiologia respiratoria al contenuto noetico della nostra ideazione. Tali
importanti caratteristiche dello stato di sonno hanno una corrispondenza
nell’attività elettrica della corteccia cerebrale, rilevata dalla superficie
esterna del cranio mediante l’elettroencefalogramma (EEG).
Durante la
veglia, l’EEG mostra onde di voltaggio relativamente basso, alta frequenza e
rapida attività, che riflettono lo stato elettrico di una corteccia cerebrale
impegnata nell’elaborazione della percezione e della cognizione. L’attività
oscillatoria sincronizzata lenta o è al minimo o si verifica temporaneamente in
qualche piccolo gruppo di neuroni. Il rilassarsi o chiudere gli occhi può
essere sufficiente per produrre attività α (9-13 cicli/sec.)[1], soprattutto rilevabile al di sopra della
corteccia visiva, indicando un’attività ritmica relativamente sincronica nelle
reti corticali sottostanti.
Sulla base
dell’attività elettrica si distingue un sonno associato a rapidi movimenti oculari
(REM) ed un sonno non-REM (NREM) nel quale si riconoscono quattro fasi o stadi.
Nel corso di una notte si hanno 3-4 cicli di sonno o più, a seconda del numero
totale di ore dormite, e ciascun ciclo si compone dei quattro stadi (1-4) di
sonno NREM seguiti da una breve fase di sonno REM e poi dalla successione
invertita (4-1) di sonno NREM.
Il ruolo
del sistema reticolare attivatore, e
ancor più dei nuclei reticolari del
talamo nell’attivazione diffusa della corteccia cerebrale che si verifica al
risveglio ed accompagna lo stato di veglia, è indagato fin dall’epoca della
scoperta stessa della formazione
reticolare troncoencefalica da parte di Giuseppe Moruzzi e Horace Magoun, e
l’importanza del talamo ha guidato per decenni la ricerca in questo campo. In
proposito, ricordiamo lo straordinario modello elettronico talamo-corticale per
lo studio del sonno realizzato da Giulio Tononi – ex-allievo e collaboratore
del Premio Nobel Gerald Edelman – con i suoi colleghi dell’Università del
Wisconsin. Tuttavia, il contributo del talamo alla modulazione del sonno e ad
un particolare stato funzionale (stato UP, v. dopo) dei neuroni mediatori, non
è ancora precisamente definito.
Un nuovo
studio di Thomas C. Gent e colleghi sembra aver risolto, almeno in parte, il
problema. L’osservazione sperimentale evidenzia elementi importanti per la
definizione di un profilo dei nuclei talamici dell’area centromediale quali
regolatori dei due stati funzionali principali del cervello e dell’organismo in toto, ossia il sonno e la veglia.
L’osservazione
dell’attività elettrica ha consentito di rilevare che la scarica tonica dei neuroni talamici centromediali innesca una
rapida risposta di risveglio, mentre la loro attivazione esplosiva induce la propagazione di onde corticali
lente che attraversano tutto il cervello e promuovono la ripresa del sonno.
(Gent C. G., et al. Thalamic dual
control of sleep and wakefulness. Nature
Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-018-0164-7-1, 2018).
La provenienza degli autori è la seguente: Center
for Experimental Neurology, Department of Neurology, Inselspital University
Hospital Bern, University of Bern, Bern (Svizzera); Department of Biomedical
Research (DBMR), Inselspital University Hospital Bern, Bern (Svizzera).
Prima di
esporre in sintesi i contenuti del lavoro condotto da Gent e colleghi,
riportiamo un’introduzione allo studio elettroencefalografico del sonno, tratto
da un nostro recente articolo:
“La natura dicotomica del sonno
umano era stata già intuita nel 1961[2] e, poco dopo, chiaramente
definita ad opera di Oswald[3] e Snyder[4]: un sonno caratterizzato dai
rapidi movimenti dei globi oculari (REM, da rapid
eye movements), noto già dagli anni Cinquanta, ed un sonno ad onde lente
con fusi nel tracciato EEG, privo di questa caratterizzazione (NREM, da non-REM) ed associato a respirazione
lenta e profonda. Le due ipotesi che hanno guidato la ricerca da quell’epoca ai
giorni nostri possono così essere rese in sintesi: 1) esistono due tipi
elettrofisiologici di sonno con funzioni presumibilmente diverse; 2) la fase
REM del sonno umano non differisce in modo significativo da quella di altri
mammiferi, pertanto il suo studio comparato può fornire dati interessanti per
comprendere il fenomeno nella nostra specie[5].
Attualmente, per descrivere il sonno quantitativamente e per distinguerne
le fasi, si adoperano costantemente tre tecniche di registrazione
elettrofisiologica: l’EEG (elettroencefalogramma) per lo studio dell’attività
elettrica cerebrale, l’EOG (elettro-oculogramma) per il rilievo dei movimenti
oculari, e l’EMG (elettromiogramma) per il rilievo del tono muscolare. Tali tre
misure sono nella routine
pluridecennale perché facili da rilevare, affidabili e dotate di potere
discriminativo.
Basandosi su queste misure, il sonno è suddiviso in cinque fasi o stadi:
gli stadi da 1 a 4 appartengono tutti
al tipo NREM, lo stadio 5 corrisponde
al tipo REM. Lo stadio 1 costituisce
la transizione dalla veglia al sonno; lo stadio
2 è la prima vera fase di sonno, contraddistinta da onde a fusi di 7-15 Hz
e complessi-K, che riflettono oscillazioni sinaptiche sincronizzate nel talamo
e nella corteccia cerebrale. Lo stadio 3
si riconosce per la comparsa di una significativa frazione di onde delta (0.5-4
Hz), che segnalano un’ulteriore riduzione di attività nei processi di risveglio
nel cervello e una maggiore sincronizzazione talamica e corticale. Quando le
onde delta superano il 50% del tempo dell’EEG il sonno è nello stadio 4, la fase più profonda.
Ogni volta che ci si addormenta, si procede abbastanza rapidamente dalla
veglia alla quarta fase, generalmente entro i 30 minuti. Dopo aver trascorso
all’incirca mezz’ora nello stadio 4,
si procede rapidamente a ritroso attraverso le quattro fasi ma, invece di
svegliarsi, si entra nella fase REM.
La fase caratterizzata da brevi movimenti di oscillazione dei bulbi
oculari (REM), evidenti sotto le palpebre chiuse e perfettamente caratterizzati
dalla registrazione EOG, fu scoperta nel 1953 da Eugene Aserinsky e Nathaniel
Kleitman, che per la prima volta registrarono contemporaneamente EEG ed EOG in
volontari adulti addormentati e rilevarono che, durante il sonno, 4 o 5 volte
per notte si rilevava un incremento di attività, con onde di frequenza più
elevata ed ampiezza ridotta, vicine a quelle della veglia ed associate ai
caratteristici movimenti degli occhi. Da allora, si è sempre confermato che le
persone risvegliate durante la fase REM, in percentuali che vanno dall’80% al
95%, riferiscono di stare sognando, e generalmente descrivono sogni vividi.
La fase REM è associata ad una quasi completa perdita del tono muscolare,
dovuta alla prevalenza dell’azione inibitoria discendente sui motoneuroni
spinali. I motoneuroni del tronco encefalico, che controllano i movimenti degli
occhi nella fase REM, non sono inibiti. La temperatura corporea, in questa
fase, raggiunge il livello più basso.
Il ciclo del sonno, dallo stadio 1
al sonno REM, si verifica più volte durante la notte, e, col passare delle ore,
la profondità del sonno NREM si riduce mentre la durata della fase REM aumenta.
Per effetto di questo schema funzionale e perché è necessario risvegliarsi per
poter richiamare alla coscienza il contenuto delle esperienze oniriche, i sogni
del mattino sono quelli più facilmente ricordati.
Negli adulti la fase REM occupa approssimativamente il 25% del tempo
totale trascorso a dormire. A differenza di quanto si credeva in passato, i
sogni si verificano sia nella fase REM sia nella fase NREM, con caratteristiche
diverse. I sogni REM sono in genere di lunga durata, costituiscono un’esperienza
sostanzialmente visiva, con frequenti contenuti affettivi e/o emotivi, e
generalmente non presentano una connessione immediatamente rilevabile con
esperienze della vita quotidiana di colui che ha sognato. I sogni NREM sono più
brevi, meno visivi, con minore probabilità di contenuti affettivo-emotivi, più
concettuali e in rapporto spesso evidente con contenuti ed esperienze attuali
nella veglia. Secondo alcune stime, un’attività onirica simile al pensiero può
occupare fino al 50% del sonno NREM.
Il sonno è regolato da un ritmo circadiano e da un ritmo ultradiano: il circadiano è basato sulla ciclica
produzione di fattori di trascrizione nucleari; l’ultradiano è controllato dal tronco encefalico”[6].
Riprendiamo
ora lo specifico argomento dello studio qui recensito.
Le onde lente
(SW, da slow wave), ossia quelle
comprese in un intervallo compreso tra 0.5 e 4 Hz, nei mammiferi sono
predominanti nell’elettroencefalogramma durante il sonno NREM. Tali SW
riflettono la sincronizzazione di ampie popolazioni di cellule nervose
corticali che alternano stati attivi, detti “UP”, a stati di quiescenza, detti
“Down”, e si propagano all’interno della neocorteccia. Fino ad oggi il contributo
dei neuroni del talamo agli stati corticali UP e alla modulazione del sonno non
è stato chiarito. Thomas C. Gent e
colleghi dimostrano,
nel topo, che l’attivazione spontanea dei neuroni del talamo centromediale
precede nella fase EEG gli stati corticali globali UP e le transizioni da NREM
alla veglia.
Gli
esperimenti di attivazione tonica optogenetica dei neuroni talamici
centromediali hanno indotto la transizione dalla fase di sonno NREM alla
veglia; mentre l’attivazione intensa e immediata ha riprodotto gli stati UP
nella corteccia cingolata. Tale attivazione esplosiva negli esperimenti ha
accresciuto la sincronia estesa all’intero cervello di SW, cioè di onde
corticali lente, durante il sonno, attraverso un relay nel talamo anterodorsale.
Infine, i
ricercatori hanno dimostrato che le cellule nervose del talamo centromediale e
quelle di relay del talamo
anterodorsale promuovono la ripresa del sonno.
Nell’insieme,
questi risultati indicano che gli schemi di scarica tonica e/o esplosiva dei
neuroni talamici centromediali possono modulare l’attività corticale di tutto
il cervello mentre si dorme e forniscono il duplice controllo degli stati di
veglia e sonno.
Gli autori
della nota ringraziano
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invitano alla
lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono
nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella
pagina “CERCA”).
Lorenzo L.
Borgia & Roberto Colonna
BM&L-16 giugno
2018
_____________________________________________________________________________________________________________________
La Società Nazionale di Neuroscienze
BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è
registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in
data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione
scientifica e culturale non-profit.
[1] In passato, la frequenza
standard di riferimento del ritmo alfa era di 8-12 cicli per secondo, un valore
che oggi si ritiene essere un sub-alfa.
[2]
Dement W., Eye Movements During Sleep,
in Bender & Morris (eds), The Oculomotor System. Harper & Row, New York 1964.
[3]
Oswald I., Sleep Mechanisms: Recent Advances. Proceedings of the Royal Society of Medicine 55: 910-912, 1962.
[4]
Snyder F., The New Biology of Dreaming. Archives of General
Psychiatry 8:
381-391, 1963.
[5] Tradizionalmente la fase REM è
stata associata al sogno, e a lungo si è creduto che i sogni avessero luogo
solo in fase REM.
[6] Note e Notizie 21-04-14 Architettura del sonno in un nuovo studio.