Base corticale della capacità del neonato di reazione specifica ai volti umani

 

 

GIOVANNA REZZONI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 23 febbraio 2019.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: AGGIORNAMENTO]

 

La dimostrazione della presenza alla nascita o dello sviluppo precoce di abilità cognitive ha incontrato storicamente una notevole resistenza tra gli psicologi dell’età evolutiva, sia perché la teoria del relativismo culturale aveva consentito, nel corso del ventesimo secolo, di confutare molte tesi innatiste di sapore ottocentesco, sia perché il procedere parallelo di maturazione cerebrale post-natale e apprendimento rendeva plausibile che pressoché tutte le maggiori abilità cognitive fossero progressivamente acquisite secondo una generale cronologia comune, quale quella delle tappe neuro-psico-motorie. Una svolta epocale si ebbe con la realizzazione della cuffietta geodesica per la rilevazione dell’elettroencefalogramma del neonato e del lattante durante l’esecuzione di ingegnosi esperimenti, condotti con icone stilizzate di volti umani e la valutazione delle risposte basate sul riflesso di suzione.

Attualmente è noto che i neonati possiedono una notevole capacità di rilevare volti già pochi minuti dopo la nascita: un’abilità fondamentale in chiave ecologica, in quanto strumentale alla vitale interazione con i conspecifici. Quali sono le basi neurali del processo cognitivo che consente di interpretare gli elementi percettivi salienti, con i loro reciproci rapporti spaziali, nell’unità percettiva di un viso?

Marco Buiatti e colleghi coordinati da Giorgio Vallortigara hanno provato a rispondere a questo interrogativo impiegando la rilevazione EEG e la stimolazione visiva oscillatoria lenta (SOVS, da slow oscillatory visual stimulation). In tal modo, i ricercatori hanno identificato una risposta specifica allo schema di volto umano nel neonato, la cui origine corticale risulta corrispondere al circuito della corteccia cerebrale specifico per l’identificazione dei volti.

I risultati dello studio suggeriscono che lo sviluppo della percezione dei volti nei lattanti potrebbe basarsi su una precoce sequenza di connessioni corticali che si specializza nell’elaborazione interpretativa della morfologia dei visi umani subito dopo la nascita.

(Buiatti M. et al., Cortical route for facelike pattern processing in human newborns. Proceedings of the National Academy of Sciences USA Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.1812419116, 2019).

La provenienza degli autori è la seguente: Center for Mind/Brain Sciences (CIMeC), University of Trento, Rovereto (Italia); Department of Developmental and Social Psychology, University of Padova, Padova (Italia); Pediatric Unit, Obstetrics and Gynecology Unit, Rovereto Hospital, Rovereto (Italia).

Come si è accennato nell’introduzione, lo studio in vivo del cervello del neonato ha rappresentato una vera e propria rivoluzione rispetto al passato, quando le potenzialità funzionali potevano essere desunte indirettamente da conoscenze e teorie dello sviluppo, a loro volta basate su dati morfologici statici e concezioni culturali classiche. L’adattamento per l’uso nel neonato e nel lattante di metodiche già impiegate nell’adulto, come nel caso della cuffietta geodesica impiegata nei primi fondamentali studi condotti dal gruppo di Stanislas Dehaene, ha consentito di rilevare correlati neurofunzionali di processi legati alla cognizione, alla parola e alla coscienza. La messa a punto di tecniche non invasive, sofisticate, sensibili ed efficaci per la rilevazione dell’attività precoce del cervello in rapporto a stimoli calibrati e standardizzati ha rappresentato una svolta decisiva per la ricerca che si avvale dell’elettroencefalografia (EEG) per lo studio di potenziali correlati ad eventi (ERP, event-related potentials), della magnetoencefalografia (MEG), della risonanza magnetica funzionale (fMRI, da functional magnetic resonance imaging) e della spettroscopia del vicino infrarosso (NIRS, da near infrared spectroscopy).

In particolare, le caratteristiche di queste metodiche si possono così schematizzare in estrema sintesi:

1) la EEG/ERP studia variazioni del campo elettrico, presenta un’eccellente risoluzione temporale, consente studi in tutto l’arco della vita e comporta bassi costi;

2) la MEG registra variazioni del campo magnetico, presenta eccellente risoluzione spaziale e temporale, è impiegata negli adulti e in bambini piccoli, ma è costosa;

3) la fMRI si basa su variazioni emodinamiche, presenta eccellente risoluzione spaziale, impiegata negli adulti e in un limitato numero di studi su infanti, è estremamente sensibile al movimento ed è costosa;

4) la NIRS si basa su variazioni emodinamiche, ha una buona risoluzione spaziale, è impiegata in studi su bambini nei primi due anni di vita, è sensibile al movimento e ha costi moderati[1].

Per l’interpretazione dei dati ottenuti con queste metodiche e l’elaborazione teorica che si spera aiuti nella comprensione del rapporto di significato esistente fra correlati neurofunzionali e processi psichici, può essere utile conoscere gli studi che stanno analizzando e interpretando la funzione psichica in vivo in assenza di coscienza, per scoprire i correlati dei processi alla base della consapevolezza in stato di veglia[2].

Ritorniamo ora allo studio qui recensito.

La nostra specie è dotata di un’eccezionale capacità di riconoscimento dei volti, una competenza che, negli adulti, è supportata da uno specifico insieme di piccoli territori corticali organizzati in rete e specializzati nell’elaborazione degli elementi salienti che consentono, in generale, di rilevare una faccia e poi, specificamente, di riconoscere un viso particolare e attribuirgli un’identità. I neonati, già subito dopo la nascita, mostrano la tendenza ad orientarsi verso l’immagine di un volto rispetto a stimoli alternativi non strutturati o con differente struttura morfologica; la preferenza è conservata anche quando il viso è rappresentato come un pattern geometrico altamente schematico e posto in alternativa a stimoli studiati per essere percettivamente equivalenti, ma dissimili dalla composizione che caratterizza le facce umane. I sostrati neurali che consentono di esprimere questa preferenza precoce sono già da alcuni anni indagati, ma risultano ancora pressoché del tutto ignoti.

In particolare, un quesito posto al vaglio della ricerca è se l’area dei volti dell’adulto, ossia il territorio corticale visibile sulla faccia inferiore dell’encefalo al confine tra lobo occipitale e temporale, corrispondente al giro fusiforme e danneggiato nella prosopoagnosia, sia già attivo subito dopo la nascita o, invece, sia l’attività di un differente circuito che consente nel tempo apprendimento e/o maturazione necessari per lo sviluppo della memoria per i volti, prevalentemente supportata dai complessi neuronici localizzati nel giro fusiforme.

Anche con l’intento di fornire una traccia per rispondere a questo interrogativo, Buiatti, Vallortigara e colleghi hanno rilevato le risposte elettroencefalografiche a schemi di volti umani (schematic face-like pattern) e a stimoli differenti fungenti da controllo (non face-like control stimuli) di neonati svegli e attenti da uno a quattro giorni dalla nascita. Tali esperienze visive sono state presentate con una dinamica oscillatoria “peekaboo[3] (0.8 Hz) nella tipica versione sperimentale del frequency-tagging design.

Nonostante la durata molto limitata dei tempi di attenzione dei neonati, è stato possibile stimare con affidabile precisione risposte identificate in base alla frequenza per ciascuno stimolo, dal picco dello spettro di frequenze elettroencefalografiche alla frequenza di stimolazione.

In una gran parte degli elettrodi, gli stimoli costituiti da schemi del volto orientati correttamente con la fronte in alto e il mento in basso, evocavano una risposta frequency-tagged notevolmente e significativamente più intensa di quella provocata dagli stimoli di controllo costituiti da schemi del volto invertiti.

L’analisi finalizzata alla ricostruzione dell’origine anatomica dell’attività corticale sottostante queste risposte elettriche ha rivelato il reclutamento di una rete parzialmente lateralizzata a destra, comprendente aree occipito-temporali laterali e aree parietali mediali, secondo la configurazione di un circuito sovrapponibile a quello che è stato descritto nell’adulto per l’elaborazione cognitiva dell’informazione visiva relativa ai volti.

Questi risultati suggeriscono che la rete neuronica specializzata nella rilevazione, e poi nel riconoscimento dei volti umani, sia già attiva alla nascita.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanna Rezzoni

BM&L-23 febbraio 2019

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Note e Notizie 02-07-16 Disturbi di apprendimento verbale previsti dalla discriminazione uditiva. Si veda questa nostra recensione per un’analisi più approfondita di queste metodiche.

[2] Note e Notizie 13-01-18 Nuova misura per rilevare la coscienza nel cervello.

[3] Con questo termine si indica in inglese il gioco di celarsi e scoprire il viso sorridente ai bambini, accompagnando le due fasi con suoni vocali che in italiano sono bisillabici accentati, con differenze regionali.