Il canto migliora plasticità e
linguaggio negli afasici
GIOVANNA
REZZONI
NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 25 maggio
2024.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
L’impiego del canto per il recupero funzionale nell’afasia,
cioè nei disturbi acquisiti del linguaggio da lesione cerebrale, ha avuto una
prima origine empirica nell’afasia dei cantanti e poi una base razionale nella
teoria del compenso da parte dei sistemi neuronici dell’emisfero destro più attivi
nel canto e specializzati nella componente prosodica del linguaggio[1]. Oggi esistono tecniche di
trattamento consolidate dei disturbi acquisiti della comunicazione verbale
mediante il canto che, nelle loro indicazioni elettive, si sono rivelate in
grado di migliorare i risultati ottenuti con i soli metodi tradizionali.
Soprattutto, dopo la diffusione di una tecnica frequentemente impiegata anche
in Italia, ossia l’esercizio di intonazione melodica, si è cominciata a
studiare la base neurale specifica dei processi promossi dal canto e non da
esercizi di denominazione ordinari.
Riuscire a definire la base neurale degli effetti riabilitativi è di
cruciale importanza per migliorare la terapia dell’afasia post-ictale, che costituisce per molti una conseguenza invalidante
di un episodio cerebrovascolare acuto: il 60% dei pazienti rimane
ordinariamente afasico a un anno di distanza dall’ictus (Pedersen et al.,
2004), e la massima parte di coloro che non recupera entro i primi due anni,
non recupererà più del tutto le prestazioni dell’ambito funzionale comunicativo
colpito. Fino ad oggi non si conoscono gli specifici cambiamenti, in termini di
neuroplasticità strutturale, che intervengono nel cervello dei pazienti con
afasia da ictus trattati mediante il canto.
Per colmare questa lacuna, Aleksi J. Sihvonen e colleghi hanno realizzato uno studio finalizzato
a stabilire, in un gruppo di afasici post-ictali non-fluenti
trattato mediante il canto e posto a confronto con pazienti afasici in
trattamento standard, gli specifici effetti in termini di neuroplasticità
strutturale di materia grigia (GM) e sostanza bianca (WM) nella regione
della rete del linguaggio. I risultati sono significativi e anche di più
generale interesse neuroscientifico.
(Sihvonen
A. J. et al. Structural
Neuroplasticity Effects of Singing in Chronic Aphasia. eNeuro[2] – Epub ahead of print doi: 10.1523/ENEURO.0408-23.2024, 2024).
La provenienza degli autori
è la seguente: Cognitive Brain Research Unit and
Centre of Excellence in Music, Mind, Body and Brain, Department of Psychology
and Logopedics, Faculty of Medicine, University of Helsinki, Helsinki (Finlandia);
School of Health and Rehabilitation Sciences, Queensland Aphasia Research
Centre and UQ Centre for Clinical Research, The University of Queensland,
Brisbane, QLD (Australia); Department of Neurology, University of Helsinki,
Helsinki (Finlandia); HUS Helsinki Medical Imaging Center, Helsinki University
Hospital, Helsinki (Finlandia); Department of Neurology, UMass Medical School,
Springfield, Massachusetts (USA); Department of Biomedical Engineering and
Institute of Applied Life Sciences, UMass Amherst, Amherst, Massachusetts (USA).
Il recupero
delle funzioni di comunicazione verbale nell’afasia da ictus è un processo
complesso, che richiede la riorganizzazione dei neuroni di riserva all’interno
della rete del linguaggio, secondo i modelli neurali e neurocomputazionali più recenti (Stefaniak
et al., 2020); ma cosa realmente accada,
nello specifico qualitativo dei meccanismi e nella dimensione quantitativa
delle strutture cellulari proliferate o attivate, non è ancora ben definito,
perché la ricerca finalizzata a delineare le mappe dei cambiamenti strutturali
indotti dal trattamento a supporto del processo di riorganizzazione è ancora
assolutamente deficitaria. Stante questo difetto generale, è evidente che non
si abbiano dati precisi sui cambiamenti strutturali indotti dall’esercizio
cantato nel trattamento dei disturbi afasici.
Ma vediamo
brevemente su quali presupposti si fonda la terapia adottata dagli autori dello
studio qui recensito.
In pazienti
in fase subacuta dopo l’episodio cerebrovascolare, la semplice stimolazione
uditiva basata sull’ascolto quotidiano di canzoni era già sufficiente a
migliorare il recupero del linguaggio, rispetto alla media, e accresceva il
volume della materia grigia nelle regioni temporali di sinistra della rete del
linguaggio (Sihvonen et al., 2020), con un beneficio
complessivo superiore a quello di pazienti che, invece di ascoltare voci
cantanti, ascoltavano la lettura di un libro. Questi risultati ottenuti dagli
stessi autori dello studio qui recensito hanno contribuito a incoraggiare la
sperimentazione dell’esercizio attivo del cantare da parte di pazienti post-ictus
non fluenti.
In realtà,
un intervento formalizzato e basato sul far cantare il paziente affetto da
disturbi simili all’afasia motoria (MIT), è stato sperimentato fin dagli anni
Settanta (Sparks et al.,
1974; Van der Meulen et al., 2014; Zumbansen et al., 2014) con effetti positivi sul
linguaggio connesso, sulla denominazione e sulla ripetizione, associati a
effetti su aree motorie del linguaggio frontali e temporali. Gli studi sugli
effetti positivi del cantare sul cervello di adulti e anziani sani sono
numerosi e, recentissimamente, uno studio ha dimostrato il miglioramento delle
funzioni esecutive nell’ambito dei processi cognitivi (Vetere et al., 2024).
Aleksi J. Sihvonen e colleghi hanno analizzato i
cambiamenti neuroplastici strutturali conseguenti al
trattamento basato su esercizi cantati. I 28 pazienti volontari affetti da
afasia non fluente erano stati divisi con criterio random in due gruppi
per un trattamento di quattro mesi: il primo ha ricevuto un intervento multi-componenziale
basato sul canto (singing group), il
secondo è stato trattato con tecnica standard (control group).
Le immagini cerebrali sono state rilevate due volte in baseline e
dopo 5 mesi: scansioni MRI in T1 HR (high-resolution)
e multishell diffusion-weighted
MRI. I cambiamenti dovuti a neuroplasticità strutturale di materia grigia (GM)
e sostanza bianca (WM) sono stati valutati e verificati usando morfometria basata
sul voxel (VBM) e centrata su regioni di interesse della rete cerebrale del
linguaggio, e connettometria basata sull’anisotropia
quantitativa; mettendo questi rilievi in rapporto con esiti in
miglioramento nelle prestazioni verbali (Sezioni di Naming e Repetition della Western Aphasia
Battery).
Le analisi di connettometria hanno
mostrato che il gruppo dei “cantanti” presentava, rispetto al gruppo di
controllo, un’aumentata connettività strutturale della sostanza bianca (WM) nel
fascicolo arcuato di sinistra e nel corpo calloso, così come nel tratto
del lobo frontale FAT (frontal aslant tract), nel fascicolo
longitudinale superiore e nel tratto corticostriato
bilateralmente. Poi, nella morfometria basata sul voxel (VBM), i cantanti presentavano
un aumento della materia grigia (GM) nella corteccia frontale inferiore di
sinistra, corrispondente all’area 44 di Brodmann della
corteccia (area di Broca).
Gli effetti di neuroplasticità nelle aree di sinistra BA44, AF e FAT
correlavano perfettamente con il miglioramento nelle abilità di denominazione
dopo l’intervento.
I dati emersi complessivamente in questo studio, per il cui dettaglio si
rinvia al testo integrale dell’articolo originale, suggeriscono che fare
esercizi di canto nell’afasia non fluente da ictus determina modificazioni plastiche
strutturali nelle aree del linguaggio frontali, nell’emisfero sinistro, e nelle
vie del linguaggio bilateralmente, e che tali evidenze costituiscono la base
neurale del miglioramento della produzione verbale.
L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanna
Rezzoni
BM&L-25 maggio 2024
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2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale
non-profit.
[1] In realtà, gli studi condotti
mediante fMRI non hanno confermato un compenso controlaterale localizzato,
sicuro ed evidente, ma hanno evidenziato piuttosto una complessa
riorganizzazione dell’attivazione, spesso con maggiore attività nell’emisfero
destro.
[2] Rivista online della Society
for Neuroscience.