ISCHEMIA CEREBRALE:
SCOPERTO UN INIBITORE DELLA NECROPTOSI
La morte
cellulare per necrosi e la morte cellulare programmata o apoptosi sono i due distinti processi mediante i quali la
vita della cellula giunge a termine. Il primo, conosciuto fin dai primordi
della patologia cellulare, è considerato “passivo”; il secondo, di più recente
scoperta e di grande attualità scientifica, attrae maggiore attenzione anche
per la sua natura di evento “attivo” e programmato. Entrambi sono presenti
nell’ischemia cerebrale.
Degterev e i suoi collaboratori (Chemical inhibitor of non-apoptotic cell death
with therapeutic potential for ischemic brain injury Nature Chem. Biol. 1, 112-119, 2005) hanno studiato la morte cellulare in un modello
murino ottenuto per occlusione dell’arteria cerebrale media.
Tanto la necrosi
quanto l’apoptosi possono essere indotte mediante l’attivazione di una famiglia
di recettori specifici noti come “death receptors”. Ma, se si bloccano le
caspasi, dopo l’attivazione di questi recettori, la morte per apoptosi non è
più possibile: può aversi solo la morte per necrosi.
Gli autori di
questo lavoro hanno cercato una nuova molecola che fosse in grado di impedire
la morte cellulare indipendentemente dagli inibitori delle caspasi e
dell’apoptosi, ossia legandosi con azione antagonista ai “death receptors”. A
questo scopo hanno testato quasi 1500 composti e, infine, hanno trovato una
molecola antagonista efficace, alla quale hanno nome necrostatina 1 (Nec-1). Questa piccola molecola,
il cui esatto bersaglio chimico non è stato ancora definito, era in grado di
prevenire la morte cellulare mediata dai recettori in molti tipi di cellule,
sebbene non avesse effetti sull’induzione dell’apoptosi. Questi risultati
forniscono una prova determinante che questa via, chiamata dagli autori necroptosi, è un percorso comune, ma ben definito come
non-apoptotico, di morte cellulare.
A questo punto,
Degterev e i suoi collaboratori hanno impiegato la Nec-1, da loro scoperta, per studiarne gli effetti nel modello murino di
ischemia cerebrale.
Dopo i primi
esperimenti, hanno sviluppato un derivato di Nec-1 molto più
potente nell’azione: 7-Cl-Nec-1.
Il cimento del
nuovo composto di sintesi nei topi con ischemia indotta, ha mostrato effetti
sulla riduzione dell’area cerebrale infartuata veramente drammatici; inoltre la
riduzione del volume del tessuto necrotizzato dall’infarto si accompagnava ad
una drastica riduzione del deficit neurologico.
Poiché, come
abbiamo ricordato prima, la necrosi infartuale che segue all’ostruzione
ipossico-ischemica è sia apoptotica sia necroptotica, gli autori hanno provato a trattare il danno
sperimentale aggiungendo al 7-Cl-Nec-1 un inibitore delle
caspasi, zVAD.fmk e, come prevedibile, hanno ottenuto un effetto
terapeutico maggiore.
Un’altra osservazione,
sostenuta dalle evidenze sperimentali di questa ricerca, consiste nel rilievo
che la necroptosi insorge più tardi dell’apoptosi, e l’effetto del 7-Cl-Nec-1 è
apprezzabile anche quando somministrato ad ore di distanza dall’occlusione
arteriosa.
E’ intuitivo che
i composti sperimentati ed altri derivati che da essi si possono ricavare,
costituiscano nuovi candidati per il trattamento farmacologico della lesione
necrotica da patologia cerebrovascolare (ictus), con una “finestra temporale”
di somministrazione maggiore di quella dei farmaci in uso.
Riteniamo che i
pregi di questo lavoro vadano ben al di là dei risultati ottenuti. Ad esempio,
la scelta di studiare la morte cellulare necrotica -quando tutti studiano
l’apoptosi ottenendo più facilmente finanziamenti, citazioni e potenziali
vantaggi per la carriera- rappresenta un’opzione coraggiosa, ma fondata
scientificamente: chi ha seguito il rapido evolversi delle conoscenze nel campo
dell’apoptosi si è reso conto che, alla luce dei nuovi dati, sarebbe stato
possibile e necessario concepire nuove ricerche anche nel campo della morte
cellulare non apoptotica.
Questo lavoro è
anche un modello metodologico di impiego dello screening chimico per acquisire
conoscenza circa processi molecolari e cellulari.