PSICONEUROIMMUNOLOGIA E BRAIN MIND & LIFE: UN  CONNUBIO PERFETTO

 

 

Poiché questo è il grande errore dei nostri giorni,

 che i medici separano l’anima dal corpo

[Ippocrate]

 

Il termine Psiconeuroimmunologia è stato coniato nel 1975 da Robert Ader, direttore della divisione di medicina psicosociale e comportamentale dell’Università di Rochester a New York, per indicare un ambito disciplinare che studia i rapporti fra gli stati mentali e la fisiologia umana con particolare riferimento alla risposta immunitaria. Nel corso degli anni la psiconeuroimmunologia (PNI) si è evoluta ed attualmente viene così definita: “Disciplina scientifica che studia i rapporti di reciproca influenza fra sistema nervoso, sistema immunitario e sistema endocrino, nelle loro implicazioni fisiologiche e patologiche”.

Ader, che è coautore del manuale considerato il principale riferimento culturale in questo campo (Robert Ader, Davis Felten, Nicholas Cohen, Psychoneuroimmunology, Academic Press, San Diegoin preparazione nuova edizione: uscita prevista per il primo maggio 2006) fu il primo a dimostrare che il sistema immunitario è suscettibile di condizionamento mediante la procedura associativa classica. E’ celebre il suo esperimento in cui somministrava ai topi saccarina insieme con un farmaco in grado di indurre un disturbo che portava i topi, per associazione, ad evitare la saccarina. Un effetto collaterale di quel farmaco era l’immunosoppressione. Quando, dopo tempo, iniettò negli animali solo saccarina, molti di essi morirono per immunosoppressione. Ader ipotizzò che un simile legame si potesse stabilire fra gli stati mentali ed immunitari che si determinano in seguito a stress ed a varie altre condizioni patologiche, gettando le basi per quegli studi che hanno reso tanto utile ed interessante questo campo per immunologi, neuroscienziati, medici e psichiatri.

I National Institutes of Health (NIH) recentemente hanno dichiarato la PNI “mainstream area of research” sottolineando la sua prevalente e meritoria focalizzazione sui processi molecolari e cellulari alla base degli effetti esercitati sul sistema immunitario dalle esperienze sociali, relazionali, affettive ed emozionali. La considerazione di cui gode attualmente questa branca di studi è bene rappresentata da una direttiva di alcuni anni fa dell’American Medical Association, che definiva “non etico” il trattamento del cardiopatico senza una qualche forma di intervento psicologico basato sulla PNI.

La PNI ha dato luogo, infatti, a numerose forme di intervento psicoterapeutico basate sulle acquisizioni derivanti dagli studi sperimentali.

Neil Orr e David Patient hanno lavorato per circa venti anni nel campo delle malattie croniche sviluppando un metodo pragmatico di psicoterapia basata sulla PNI, ottenendo notevoli successi nel miglioramento della prognosi di malattie come l’AIDS e numerose forme di grave patologia oncologica. Il loro lavoro è impiegato come standard di trattamento in molti paesi del mondo ed è il “primary intervention of the National AIDS Council” in Mozambico.

Linda Faye Lehman, presidente di BM&L-International e recentemente insignita del Paul Wilson Brand Award, ha partecipato con Neil Orr e David Patient ad un workshop che ha illustrato con relazioni ed esercitazioni pratiche i principi e i metodi di intervento psicologico basati sulla PNI e le tematiche affrontate nel libro “The healer inside you” (Neil Orr & David Patient, The healer inside you. Double Storey 2004) che sembra destinato a superare il successo di vendite del volume precedente “Positive Health” (6,5 milioni di copie).

I soci di BM&L-Italia, partendo dalla lettura di questo libro e dalla sua presentazione tenuta la scorsa settimana a Firenze, hanno sviluppato un interessante dibattito sul confronto fra l’impostazione metodologica di Orr e Patient e quella seguita da alcuni soci psichiatri negli scorsi decenni. Altri importanti paralleli sono stati proposti con la medicina psicosomatica (che negli USA, sempre più spesso, si intende sostituita dalla PNI) e con i principi, invero di più ampio e profondo respiro culturale, che si studiano al seminario permanente sull’arte di vivere.

In conclusione, qualche riserva si nutre per lo schematismo pragmatico di Orr e Patient che poco si adatta ad una realtà culturale ricca come la nostra, in cui è frequente che l’esperienza psicologica di sé sia nutrita, nel corso della vita, da letture formative e riflessioni costanti, cui spesso segue la costruzione di un essere più consapevole e individuato. Gli autori sembrano scoprire l’esistenza dello straordinario sapere degli antichi greci sull’uomo, su cui pure si è fondata quella ragione neoclassica che ha dato origine alla psicologia stessa, da qualche citazione da almanacco o dalla frettolosa consultazione di qualche breve compendio o commentario di uso scolastico.

Nella nostra esperienza, invece, è più facile che quella cultura costituisca radice antropologica comune al ricercatore, al medico, allo psicologo ed al paziente, facendone soggetti difficilmente riducibili a “clienti” propensi a gestire la propria esistenza in base a semplici “istruzioni per l’uso”, come più facilmente accade in società come quelle nord-americane -o a quel modello culturale ispirate- caratterizzate da una vita mentale individuale scarsamente coltivata e da un alto grado di omologazione comportamentale e sociale.

Tuttavia i principi psico-neuro-immunologici ed il generale buon senso che ispirano la ratio terapeutica, corrispondono a quelli cui si rifanno i soci di Brain Mind & Life e sono interessanti al punto da aver fatto ipotizzare qualche forma di scambio o collaborazione culturale con Orr e Patient.

 

BM&L-Ottobre 2005

www.brainmindlife.org