L’OSSITOCINA CEREBRALE E I NUOVI STUDI

 

 

L’ossitocina è stata isolata e sintetizzata per la prima volta nel 1953 da Vincent du Vigneaud che per questa scoperta ottenne, solo dopo due anni, il Premio Nobel per la Chimica.

Prodotta dalle cellule dell’ipofisi posteriore, dalle quali è immessa in circolo come ormone, l’ossitocina è un nonapeptide a struttura ciclica che differisce per due soli aminoacidi dall’altro ormone neuroipofisario col quale condivide l’origine genetica, la vasopressina; si ritiene che le due molecole siano il prodotto di una duplicazione genica avvenuta precocemente nel corso dell’evoluzione. Oltre ad essere sintetizzato dalle cellule neuroendocrine ipofisarie, il peptide è presente in vari tipi di neuroni cerebrali che lo impiegano come trasmettitore. La successione degli aminoacidi nell’ossitocina è la seguente:

Cis-Tir-Ileu-Glu(NH2)-Asp(NH2)-Cis-Pro-Leu-Gli(NH2); a questa sequenza, per una corretta rappresentazione chimica, si deve aggiungere la presenza di un ponte disolfuro fra i due residui di cisteina.

Nonostante la grande somiglianza strutturale, i due peptidi della neuroipofisi hanno azioni principali nettamente distinte, e quelle dell’ossitocina si possono essenzialmente riportare all’avvio delle contrazioni uterine, come tipicamente accade nella fase di travaglio del parto, ed alla fuoriuscita del latte dai dotti galattofori nell’allattamento.

A queste azioni ossitociche note da decenni, in tempi più recenti se ne sono aggiunte altre, prevalentemente derivate dalla sperimentazione animale sulle funzioni in qualità di neuropeptide, quali l’intervento in processi cerebrali necessari per il riconoscimento sociale e lo stabilirsi di legami fra individui della stessa specie. Durante l’orgasmo sessuale sono stati registrati picchi di ossitocina negli uomini e nelle donne. In molti studi sono stati rilevati incrementi dei livelli del peptide in relazione al contatto fisico e ad altri aspetti del comportamento affettivo e sessuale, tuttavia i risultati non sono sempre concordanti in ambito umano e nel caso del bacio intimo e reciproco, ad esempio, è stato rilevato un innalzamento delle concentrazioni soltanto negli uomini e addirittura una diminuzione nelle donne (Note e Notizie 29-03-08 Il bacio, la sua fisiologia e la sua origine). Questi studi suggeriscono prudenza a tutti coloro che hanno già accreditato la molecola di valore predittivo come indicatore di stati affettivi.

Uno dei motivi del riaccendersi dell’interesse per questo peptide consiste nel miglioramento delle tecniche che ne consentono lo studio fisiologico. Fino a tempi recenti le difficoltà per stabilire con precisione i livelli ematici di ossitocina erano notevoli, perché è presente in concentrazioni estremamente basse e si degrada dimezzandosi in soli 180 secondi.

Un altro motivo è dato dalla tentazione, mai sopita in alcuni, di individuare delle “molecole-funzione” per le attività mentali, a dispetto di tutti i progressi che la neurobiologia ha compiuto negli ultimi decenni e della riprova quotidiana che una molecola, sia essa un trasmettitore o un recettore, non ha in sé la chiave di una funzione, che è piuttosto l’espressione coordinata dell’attività di vari sistemi.

Un’altra ragione è, probabilmente, data dalla sorpresa dell’emergere di possibili nuovi ruoli per una molecola della quale fino a non molti anni fa si credeva di sapere quasi tutto. Un elemento di rottura col passato, che fa pensare un po’ a quanto è accaduto per il CRF o CRH, è l’aver identificato numerose aree del cervello interessate alla fisiologia del peptide, perché lo producono o perché sono sensibili alla sua azione.  

Le formazioni cerebrali che rilasciano ossitocina o rispondono alla sua azione sono numerose e presentano tre caratteristiche comuni:

1)      hanno densi campi di recettori per l’ossitocina dai quali provengono messaggi per i neuroni;

2)      intervengono nel controllo delle emozioni e del comportamento sociale;

3)      prendono parte alla modulazione del rilascio di dopamina nei sistemi mesencefalici che determinano il rinforzo connesso con le esperienze positive o piacevoli (sistemi a ricompensa).

 

La ratio che ha ispirato la maggior parte degli studi più recenti, trae origine da questa osservazione: attività cerebrali che costituiscono il substrato della fiducia sociale e di quegli atteggiamenti che richiedono che si faccia affidamento sulle capacità o sull’onestà di un estraneo, sembrano implicare il rilascio del peptide (Paul J. Zak, The Neurobiology of Trust. Scientific American 298 (6), 62-67, 2008).

Studi sui roditori hanno dimostrato che segnali sociali non minacciosi inducono produzione di ossitocina cerebrale; su questa base alcuni ricercatori hanno provato  verificare se in ambito umano accada qualcosa di simile. A tale scopo, si sono allestiti esperimenti in cui si studiava l’effetto, su dei volontari, di un estraneo che dava segnali sociali rassicuranti, per vedere se questa condizione di rapporto determinasse un aumento del rilascio di ossitocina. Verificato l’incremento, sono seguiti esperimenti in cui si valutava la risposta dei soggetti sulla base di quanto si fidassero in chiave finanziaria di uno sconosciuto rassicurante che aveva il compito di investire i loro averi, secondo un paradigma sperimentale creato dagli economisti Joyce Berg, John Dickhaut e Kevin McCabe che lo definirono “trust game”.

Così nasce il mito della “molecola della fiducia”, di notevole efficacia giornalistico-divulgativa, ma scientificamente inaccettabile.

Gli studi sono stati condotti da economisti che non hanno nemmeno un’idea vaga di come miliardi di neuroni sono organizzati a formare quei complessi sottosistemi dai quali dipendono le funzioni mentali, e da operatori di risonanza magnetica funzionale che, probabilmente attratti dall’idea di accrescere smisuratamente il valore del proprio lavoro attribuendo tutta responsabilità fisiologica all’ossitocina, mettono da parte concetti-base di neurobiologia che pur dovrebbero conoscere.

A questo filone appartengono anche gli studi di Paul J. Zak e collaboratori che, nel novembre dello scorso anno, hanno aggiunto una nuova qualifica al nostro peptide, quello di “molecola della generosità” (PloS ONE, Vol 2, No 11, page e1128, 2007).

Per osservazioni critiche si veda la nota contestualmente pubblicata: Note e Notizie 05-07-08 Ossitocina e fiducia: dibattito.

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-Luglio 2008

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